Nuraghe S’Omu ‘e S’Orcu, Domusnovas
Consorzio Natura Viva
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Percorrendo la S.S. 130 si attraversa il paese di Domusnovas e si prosegue la stessa strada verso Iglesias. Percorsi circa m 200 dall‘uscita del paese, si svolta a destra in una carrareccia indicata da un cartello giallo col nome del nuraghe; dopo m 250 si svolta a sinistra e percorsi altri m 450 ci si trova dinanzi al nuraghe.
Il nuraghe è di tipo complesso e non è stato finora oggetto di scavo di restauro. Non è visitabile all‘interno perché è ancora in gombro di macerie. L‘unico accesso ben visibile e praticabile è quello ad est, che introduce nel cortile M, attraverso una porta architravata ricavata nella cortina tra la torre centrale A e il tratto dell‘antemurale con la torre L.
La lettura stessa del monumento è resa difficile dalla presenza di numerosi arbusti che coprono larga parte delle strutture murarie del nuraghe. Partendo, comunque, dalla parte N–NE del monumento, si individua perfettamente l‘addossamento al bastione centrale dell‘antemurale.
Quest‘ultimo, chiaramente distinguibile per la differente tecnica costruttiva rispetto al corpo centrale, si volge con ampia curva verso sud assumendo poi nel suo giro andamento spezzato per la presenza di cinque torri sporgenti dalla cortina muraria. L‘antemurale non circonda l‘intero corpo centrale ma lo lascia scoperto nel tratto nord–nord est e crea all‘interno del baluardo difensivo due corti d‘arme, una delle quali particolarmente ampia (M e I). I due spazi non comunicano tra loro in quanto, a partire dalla torre N,
la cortina muraria si divide in due tronconi, uno dei quali si addossa al corpo centrale chiudendo lo spazio I mentre l‘altro prosegue verso nord, determinando lo spazio M e costituendo con la sua torre L un valido punto di difesa.
Quest‘ultima torre mostra, nella parte nord, quattro feritoie ben visibili anche dall‘esterno, mentre all‘interno è stata individuata una celletta semicircolare sulla parete destra; un andito strombato introduceva alla cella di pianta circolare. Lo spazio M era servito da due ingressi: uno, quello già citato, tra la torre Le il dente del bastione e l‘altro, dalla parte opposta, nel punto di maggiore curvatura della cortina tra le torri N ed L. Sul fianco sinistro di quest‘ultimo ingresso si apriva un corridoio che consentiva l‘accesso alla camera della torre L.
Un unico ingresso, con porta architravata, per metteva di accedere, dal lato nord–est, alla corte» I. Delle quattro torri che difendevano quest‘ultimo spazio (N, F, G, H) la meglio conservata è quella individuata con la lettera N. La sua impostazione planimetrica si discosta da quella delle altre torri in quanto nella parte interna l‘addossamento, già indicato, dell‘antemurale al bastione centrale determina un braccio a gomito nel quale si apre una nicchia–garetta semicircolare.
Di più difficile lettura la parte centrale del monumento, costituita da una torre (A) circondata da un bastione che si addossa alla stessa nella parte settentrionale mentre lascia uno spazio aperto (E) nella parte meridionale.
La torre centrale A, con ingresso rivolto a sud, mostra una cella di pianta ellittica (ben visibile dato il degradamento di parte delle strutture murarie della tholos); nella parete destra del vano si individua una apertura architravata mentre un‘altra, quasi di fronte all‘ingresso, è attualmente nascosta dalle macerie. Queste aperture e le tracce di elementi cupolati visibili sulla sommità della torre e ricavati nello spessore delle cortine murarie fanno presupporre l‘esistenza di cellette sussidiarie, forse in numero di tre.
L‘accesso al piano superiore della torre era consentito da una scala elicoidale della quale si individua l‘apertura sul lato destro dell‘ingresso.
Il bastione, di spessore ridotto nella parte settentrionale addossata al mastio, si allarga nella parte meridionale fino ad uno spessore di m 4,60, ai lati dell‘ingresso della torre A; in questi due punti di massimo spessore sono state ricavate due cellette (B e C) con i rispettivi anditi di accesso. Abbastanza conservata la celletta C, dal profilo ogivale stret to ed allungato, attualmente ben visibile anche dal l‘esterno del complesso.
Questo sistema difensivo a tenaglia era completato da una torre (D) situata davanti all‘ingresso di A e al presente molto degradata.
Per l‘accesso al cortile E e quindi alla torre centrale si utilizzavano due ingressi (visibile solo quello orientale mentre quello occidentale si suppone per analogia) ricavati nello spessore murario ai lati della torre D. Questi ingressi si fondono in parte con gli anditi delle cellette B e C, assumendo così un andamento a gomito.
L‘opera muraria, pur utilizzando in tutti i settori lo stesso tipo di pietra (il calcare), si differenzia notevolmente nell‘antemurale rispetto al mastio e al bastione; in questi ultimi due i blocchi poliedrici sono disposti a filari molto irregolari o anche in linee oblique, in particolare sulla parete nord–est del bastione. Le pietre utilizzate sono di proporzioni varie mentre scheggiame minuto copre gli interstizi tra i blocchi. Una tendenza all‘isodomia compare, invece, nell‘antemurale, nel quale grossi blocchi subquadrati e poliedrici sono disposti in filari orizzontali ben differenziati.
All‘esterno del complesso si individuano tracce di mura curvilinee ridotte al filare di base; in particolare sul lato nord–orientale si scorgono tracce di due torri unite da cortine, mentre nel tratto antistante la cortina tra G e H residua lo zoccolo di una vasta costruzione circolare (diametro m 9,50). Resti di un altro edificio di pianta circolare si individuano anche sul fianco occidentale del complesso. La lettura integrale di questi resti è resa difficile dalla presenza di un recinto, diviso a settori e costruito con pietre ortostatiche, da riferirsi ad epoca storica o moderna, che in parte si sovrappone alle strutture a filari. Queste ultime vanno, comunque, riferite ad un‘ulteriore cinta difensiva e forse, in qualche caso, ad un insediamento abitativo. L‘esistenza di un villaggio, ormai quasi totalmente distrutto, intorno alla fortezza è indiziata anche da numerose schegge di ossidiana, scorie di fusione e frammenti ceramici rinvenibili nell‘area circostante il complesso.
Non esistono dati di scavo e conseguentemente elementi materiali per avere un quadro culturale completo di questo imponente edificio. La funzione difensiva, comunque, fuori di ogni dubbio, come è stato ampiamente dimostrato, per questo tipo di costruzioni complesse, è ulteriormente confermata dal ricorso a determinati espedienti costrutti vi, volti a facilitare la difesa ad oltranza e rapide sortite. La presenza di due corti d‘arme, munite di torri e con ingressi separati, consentiva di avere due validi punti di offesa nei quali attirare il nemico, frazionando le sue forze. La vasta area I, del resto, poteva anche offrire rifugio a numerose persone in caso di assedio.
Le diverse fasi costruttive si possono facilmente ipotizzare esaminando l‘addossamento dei vari ele menti strutturali: alla primitiva costruzione del mastio A si è aggiunta quella del bastione esagonoide, probabilmente dopo un lasso di tempo non molto lungo se ci basiamo sulla pur non determinante analogia delle strutture murarie delle due costruzioni; una terza fase costruttiva sarebbe rappresentata dall‘antemurale.
A causa della già lamentata mancanza di dati di scavo, la cronologia proposta per il monumento è solo ipotetica: se una pertinenza dell‘intero complesso all‘Età del Bronzo è certa, difficile è la collocazione temporale delle varie fasi costruttive: la torre centrale andrebbe collocata nella fase II del Lilliu (1500–1200 a.C.), mentre l‘antemurale risalirebbe alla fase III (1200–900 a.C.); per quel che riguarda il bastione, il suo aspetto piuttosto rozzo e la sua tecnica costruttiva molto simile a quella del mastio potrebbero situarlo in un arco di tempo a cavallo delle due fasi indicate.
Se le analogie con monumenti extrainsulari possono essere solo molto generiche, chiaramente più stringenti invece sono i confronti con strutture analoghe isolane: in particolare per quel che riguarda il concetto della difesa a compartimenti si vedano le analogie col nuraghe Losa di Abbasanta.
Autrice: Luisanna Usai
Testo tratto da: I Sardi – La Sardegna dal Paleolitico all’Età Romana
Questo nuraghe è sicuramente il più grande di tutta la zona Sud-Orientale. L’edificio, si trova vicinissimo al mare in posizione dominante su una piccola altura. E’ costituito da un mastio centrale trilobato che avvolge la torre centrale, ed è dotato di una cortina muraria, situata a circa 10 metri di distanza dal mastio, che comprende 5 torri e un cortile interno. Inoltre sono presenti tracce di un villaggio nuragico sia all’interno che all’esterno dell’antemurale. Gli scavi e il recupero del complesso sono iniziati nel Gennaio 2002. L’area archeologica, sorge ai piedi del Monte Mannu, nel territorio di Domusnovas. Il suo nome significa la casa dell’orco e si dice che siano stati gli abitanti della zona a dargli questo nome per evitare che i bambini si avvicinassero. Il nuraghe, che non è mai stato scavato, è probabilmente uno dei maggiori dell’isola; il materiale di crollo e gli arbusti, rendono difficile una visita particolareggiata dei vari vani. Databile al 1600-1000 a.C, fu costruito in diverse fasi; è costituito da una torre centrale inclusa in un bastione a tre torri un mastio centrale, tranne ad est, è circondato da un antemurale pentalobato e da due cortine d’armi, non comunicanti, con ingressi indipendenti. L’antemurale è costruito con una tecnica muraria diversa rispetto il mastio; i massi di calcare, sono più grandi e la disposizione è più regolare. L’ingresso alla torre, posto a sud e parzialmente interrato, è sormontato da un architrave, da qui si accede a un cortile, attrezzato con dei vani per la fusione dei metalli. La torre centrale, di forma ellittica, ha al suo interno una scala che porta al piano superiore. Tutt’intorno il grande nuraghe si trovano i resti di un villaggio.
Il complesso è costituito da una torre originaria inclusa in un bastione trilobato e da un antemurale pentalobato. Alcuni resti murari suggeriscono la presenza di un villaggio annesso al nuraghe.
Il mastio, di pianta circolare (m 8,80 di diametro), si conserva per un’altezza massima residua di m 4,50. La muratura è costituita da filari orizzontali irregolari di blocchi calcarei di medie e grandi dimensioni, appena sbozzati. L’ingresso alla torre, architravato (m 1,60 x 0,47 x 0,90 di profondità) e parzialmente interrato, è esposto a sud.
Il retrostante corridoio di accesso alla camera, con pareti aggettanti e chiusura a lastroni, è lungo m 2,00 e largo m 1,00. Nella parete destra del corridoio si apre la porta della scala d’andito, ostruita – nel fondo – dal materiale di crollo.
L’ingresso alla camera, trapezoidale, è sormontato da un architrave con finestrello di scarico. La camera, svettata, ha pianta ellittica (m 3,80 x 2,40 di diametro) ed un’altezza residua – misurata sul piano di crollo – di m 5. Nella parete destra del vano si osservano due nicchie, distanti fra loro un metro circa. La nicchia più vicina all’ingresso, accessibile attraverso un ingresso architravato, ha pareti aggettanti (m 1,55 di altezza massima). Il mastio è cinto da un bastione di m 17 di lunghezza (asse nord-sud) x 12,40 di larghezza (asse est-ovest), ben conservato nel lato est-nord-est, con un’altezza massima residua di m 7,00. La muratura del bastione è costituita da pietre di medie dimensioni appena sbozzate. Si accedeva al cortile attraverso un ingresso che fiancheggia la torre D, aperto in un tratto rettilineo del bastione. Su di esso si apriva, sulla parete destra, l’ingresso all’andito che conduce alla celletta C (m 2,90 x 2,20 di diametro) dall’altezza massima residua di m 4,50. Il cortile E misura m 4,40 x 2,20.
Tranne che nel lato est-nord-est, il bastione è circondato da un antemurale pentalobato e da due cortine d’armi, non comunicanti, con ingressi indipendenti. La tecnica muraria dell’antemurale è differente rispetto a quella del mastio e del bastione: infatti i massi di calcare sono di maggiori dimensioni e la disposizione a filari è più regolare.
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