Polthudorra – Porto Torres: Ipogeo di Tanca Borgona

 

Ipogeo di Tanca Borgona, Porto Torres

 

Nel 1947 nell’area detta Tanca Borgona si mise in luce un ipogeo funerario pagano, a camera e con arcosoli, del quale vennero fin da allora sottolineate le affinità anche con ipogei cristiani noti nell’area cagliaritana, sulcitana e, fuori dall’Isola, nel siracusano.

Contemporaneamente fu scoperto, a pochi metri di distanza, un singolare monumento funerario a colombario di forma cilindrica che risultava già abbondantemente manomesso. Le scoperte relative ai contesti funerari della fascia della necropoli ad est della città si susseguirono nel corso degli anni successivi.

A distanza di circa quarant’anni dalla scoperta e dopo cinque anni dall’ultimo intervento all’interno dell’ipogeo, i lavori a Tanca Borgona sono ripresi nell’autunno del 1988; infatti si rendeva necessario e ormai improcrastinabile isolare il banco di roccia entro il quale è scavato l’ipogeo da un profondo strato di terra che, accumulatosi attorno nel tempo, contribuiva a trasmettere l’umidità al monumento e nascondeva gran parte della facciata rettilinea. Al momento della scoperta, quindi fin dal 1947 , per poter accedere all’interno dell’ipogeo, era stata scavata una buca poco profonda con alcuni gradini tagliati nel terreno, in corrispondenza dell’ingresso rettangolare aperto in direzione ovest-sud ovest, mentre non era stata apportata alcuna modifica allo strato di terreno in corrispondenza dei lati del varco e della facciata; dall’epoca della prima esplorazione la situazione all’esterno era rimasta immutata.

Durante la prima esplorazione le numerose iscrizioni funerarie su lastre marmoree erano state rinvenute spesso segate e riutilizzate come materiale da costruzione per sepolture più tarde; le iscrizioni hanno fornito notevoli contributi alla ricostruzione del quadro politico, economico e sociale della città romana.

Nel 1983 una minuziosa ricognizione all’interno dell’ipogeo aveva consentito di recuperare reperti di estremo interesse e di effettuare alcuni interventi di restauro sulle decorazioni pittoriche e sul rivestimento musivo di una sepoltura scavata nel pavimento.

I lavori effettuati nel 1988 sono consistiti anche nella pulitura delle pareti di roccia all’interno, da cui è stato eliminato lo strato di alghe che le ricopriva; sono stati praticati inoltre interventi di pulitura e di consolidamento delle porzioni di affreschi ancora visibili su alcuni arcosoli, su lastre di trachite utilizzate come copertura di alcune tombe sotto gli arcosoli, ed è stato eliminato lo strato costituito principalmente da «alghe azzurre» che ricopriva tutte le superfici ed in particolare quelle più esposte alla luce naturale proveniente dall’apertura rettangolare

Nel corso dell’intervento dell’88 asportando lo strato di terra antistante la facciata dell’ipogeo è stato isolato il banco di roccia; sono state realizzate una copertura con tettoia ed una recinzione per proteggere il monumento dalle acque meteoriche e dalla conseguente umidità. Dal piano di calpestio moderno si è raggiunta una profondità di circa m. 3,12, pari a quota 2,17 s.l.m. La facciata dell’ipogeo attualmente è in luce per una lunghezza di m. 9,60 circa e per un’altezza di m. 3,40. La parte della facciata a nord rispetto all’ingresso è lineare, quella verso sud, ovvero a destra, è leggermente arcuata e lavorata più sommariamente; da una parte e dall’altra della facciata sono visibili profondi segni prevalentemente obliqui, incisi dall’intervento dell’uomo che ha agito con ogni probabilità su di essa in diverse riprese con l’impiego di strumenti metallici appuntiti tipo piccone e martellina; soprattutto sulla sinistra è ben netto una specie di gradino dallo spessore massimo di cm 14 verso l’estremità esterna, risparmiato forse per non ridurre eccessivamente lo spessore della roccia assottigliato notevolmente dallo scavo realizzato all’interno.

L’altezza complessiva del banco di roccia, che mostra segni di intervento da parte dell’uomo e che comprende la facciata ed il piano di roccia sottostante, dalla sommità dell’affioramento roccioso fino alla quota più bassa raggiunta nel corso dell’intervento, è di circa m 4,50. Un gradino, alto circa cm 12, è visibile fra la base della facciata ed il piano di roccia sottostante; su questo piano, che in realtà è anch’esso un alto gradino, si osservano quattro canalette con orientamento est-ovest, tre hanno invece direzione nord sud, la prima si esaurisce più o meno all’altezza dell’ingresso, la seconda finisce vicino alla tomba l, la terza devia dopo la tomba e scompare verso nord ovest.

Dal piano in cui venne scavata l’unica, fino ad ora, sepoltura esterna, scoperta come si dirà più avanti nel corso del più recente intervento, al piano più profondo raggiunto dallo scavo, ovvero quota 2,17 s.l.m., vi è un dislivello di mI, lO, non procurato con un unico taglio ma con interventi sulla roccia realizzati per favorire il deflusso delle acque meteoriche. In particolare sono ben visibili il reticolo di canalette di cui una a sezione trapezoidale, profonda m 0,14 e larga m 0,28, e due gradini ricavati nella pietra, uno dei quali leggermente obliquo di m 0,78 circa e l’altro, più in basso, verticale, di m 0,46 circa.

Lo scavo in profondità si è interrotto quando si è messo a nudo il piano di roccia calcarea, l’antico piano di calpestio che si trova, come detto più sopra, a quota assai inferiore, m 0,90, rispetto alla soglia dell’ipogeo cui probabilmente si accedeva mediante qualche supporto mobile. Sulla facciata quasi lineare dell’ipogeo, verso l’alto, sono evidenti, oltre ai due fori supposti come prese d’aria o di luce, numerosi risarcimenti e tamponamenti realizzati su di essa in antico, in fase di scavo  degli arcosoli e dei sarcofagi sottostanti; dei risarcimenti uno, il più esteso, occupa una zona di m 1 di lunghezza e di m 0,80 di larghezza, a sinistra dell’ingresso, a mI, 18 da esso e a m 1,30 dal piano di calpestio antico, è realizzato con quattro blocchetti di calcare squadrato disposti in modo da mostrare cadauno una faccia rettangolare, legati da malta; altre falle rivelano l’impiego di pezzame di pietre, di laterizi anche frammentari, di malta e cocciopesto.

Soprattutto nella parte della facciata a destra dell’ingresso, ovvero a sud, si contano a diverse altezze tre lacune di limitata estensione, la maggiore delle quali all’altezza dell’arcosolio n. 9; poi sulla parte sinistra, ovvero a nord, oltre a quella maggiore già ricordata, se ne riscontrano altre cinque di cui una risarcita da una pietra con malta, giusto in corrispondenza dell’arcosolio e del sarcofago n. 1; lo spessore della roccia venne infatti ridotto in alcuni punti fino a raggiungere quello di qualche centimetro non solo come già supposto durante lo scavo dei sarcofagi o degli arcosoli all’interno dell’ipogeo ma probabilmente ancheall’esterno a seguito dei lavori effettuati con l’intento di rendere rettilineo il profilo della facciata.

L’ingresso all’ipogeo risulta di forma rettangolare, m 1.60 di altezza per m 1,26 di larghezza, con lato inferiore non lineare; le irregolarità di questo lato sono annullate da due lastre di trachite (h m 0,42 circa all’interno e m 0,20 all’esterno) che sembrerebbero due porzioni di soglia sistemate di taglio, riutilizzate soprattutto privilegiando, piuttosto che l’aspetto estetico, la funzione di pareggiare il lato base dell’ingresso scavato nella roccia e risultato non lineare; infatti i due blocchi risultano disposti in verticale, poggiano sul calcare a quote diverse, con dislivello fra il blocco di sinistra e quello di destra di cm 18 circa.

Ai lati dell’ingresso sono sistemate verticalmente, come stipiti, due soglie o altro elemento architettonico in fase di riutilizzo; si tratta di due lunghe e spesse lastre di trachite del medesimo colore, di sezione ad L, che incorniciano perfettamente l’apertura dell’ipogeo in quanto cementate con malta e frammenti di laterizio visibili all’interno; la lastra di destra, verso sud, alta m 1,56 e spessa all’esterno m 0,20 circa, presenta circa a mezza altezza una scanalatura lineare orizzontale; l’altra a sinistra, verso nord, alta m 1,54 è spessa all’esterno m 0,30 e a metà di essa si nota un profondo foro rettangolare. Anche in origine doveva mancare l’architrave, infatti gli stipiti sono della stessa altezza dell’apertura ed il lato superiore è perfettamente lineare.

Il materiale archeologico rinvenuto nel corso dello scavo sembra confermare che l’ipogeo ed il vicino singolare colombario siano ubicati in una zona intensamente utilizzata nel corso di alcuni secoli per scopi funerari e che le stesse sepolture, ivi comprese quelle all’interno dell’ipogeo, siano state sottoposte a manomissioni e violazioni già in antico; lo dimostrerebbe fra l’altro il recupero, all’esterno e a quote assai inferiori rispetto a quella dell’attuale piano di calpestio e differenti fra loro, di materiali riferibili a contesti funerari; si pensi ad esempio che un frammento di lastra marmorea con iscrizione funeraria rinvenuto nel 1983 in parte integra un altro frammento segato, e quindi evidentemente riutilizzato, scoperto nel 1947; un terzo piccolo frammento, privo di iscrizione ma facente parte della medesima lastra, è stato trovato all’esterno nel 1988.

I frammenti di lastre marmoree iscritti, scoperti nel 1988, sono stati rinvenuti a diverse quote inglobati nella terra di riempimento antistante l’ipogeo, misti a materiale vario rappresentato soprattutto da frammenti di embrici, coppi e frammenti di grossi contenitori di ceramica.

Tra i materiali che sono stati recuperati si ricordano chiodi di bronzo, una moneta bronzea, poco più sotto della soglia dell’ipogeo un anello digitale bronzeo del tipo a fascia a sezione concavo-convessa quasi completamente mineralizzato e, a differenti quote, frammenti di anfore, di tegami e di vasellame in sigillata africana; in particolare si ricorda un tegame in ceramica africana da cucina a vernice rossa interna trovato ridotto in frammenti in punti dello scavo anche distanti fra loro ma ricostruibile in parte; sono state trovate inoltre alcune porzioni di intonaco con tracce di affresco che da un punto di vista tecnico e stilistico sembrano simili a quello delle porzioni trovate sempre all’esterno anche miste alla copertura della tomba 1. Un frammento di ceramica a vernice nera, di epoca repubblicana, fino ad ora scarsamente attestata a Porto Torres, un frammento di unguentario di terracotta ed un frammento di anfora italica, ascrivibile al tipo Dressel I, trovati in uno strato profondo e sconvolto sono i materiali di cronologia più antica rinvenuti a Tanca Borgona.

Sono stati rinvenuti frammenti riferibili a tegole e coppi; le tegole sono riferibili ad un tipo molto attestato a Turris, utilizzato come copertura delle sepolture alla cappuccina

Di fronte all’ipogeo, a sinistra dell’ingresso e a quota inferiore, circa m 1 al di sotto, è stata messa in luce una sepoltura a fossa rettangolare scavata nel calcare piu stretta verso sud-ovest e con uno dei lati brevi arrotondato. La copertura della sepoltura risultava in parte crollata e, almeno in superficie, manomessa cosi da presentare in pianta una forma ad L; mischiati a materiale utilizzato per la copertura ma anche all’interno della sepoltura si rinvennero frammenti di intonaco dipinto con superficie di colore bianco con larghe strisce bruno-rossicce. La loro provenienza risulta a tutt’oggi incerta; infatti, alla luce di quanto si è potuto riscontrare durante lo scavo, la tomba 1 non sembrava rivelare tracce di copertura esterna con intonaco dipinto ancora in posto né d’altra parte è stato rintracciato alcun indizio che potesse lasciare ipotizzare un siffatto completamento della copertura originaria; sembra ragionevole pensare che tali porzioni di intonaco dipinto provengano da altra sepoltura sita non distante, forse violata e sconvolta; nemmeno si può escludere che pezzame litico e frammenti di intonaco decorati e non provenienti dall’interno dell’ipogeo siano stati impiegati per la copertura di questa tomba, più tarda, sembrerebbe, anche di quelle scavate nel pavimento all’interno dell’ipogeo. Rimane comunque in proposito un grosso interrogativo che per il momento non sembra trovare soddisfacente soluzione.

Tra il materiale utilizzato per la copertura della tomba 1, che nella parte esterna potrebbe essere considerata del tipo a tumulo , oltre a frammenti di anfora rinvenuti in posizione non ordinata e composta, sono stati scoperti cinque embrici in parte in situ ed alcuni integri o comunque ricomponibili.  Si tratta di tegole come al solito del tipo leggermente trapezoidale con i lati lunghi rialzati ad angolo retto, impasto color beige rosato di tonalità non costante, con inclusi ben visibili, faccia inferiore non lisciata, superfici con ingubbiatura beige; un embrice presenta tre solcature a semicerchio sul lato breve, più marcate verso destra; nella zona centrale si notano numerose impronte a forma di cerchielli38; per quanto riguarda le dimensioni l’altezza è costantemente di circa cm 57, la base minore è di cm 37 circa, la base maggiore di cm 43 circa. La fossa per la sepoltura aveva orientamento SW-NE; era scavata nella roccia per circa otto decimi della lunghezza ed aveva su entrambi i lati lunghi una risega lineare, per una più stabile collocazione degli embrici della cappuccina sottoposti ad una copertura più esterna di ulteriore protezione, costituita da pietre calcaree di piccole dimensioni legate fra loro da malta poco tenace. Gli embrici di copertura, collocati originariamente come si è detto alla cappuccina, sono stati rinvenuti in parte fuori posto perché franati sotto il peso della copertura soprastante. Gli embrici recuperati conservano sulla superficie grossi grumi di calce e presentano una o tre solcature curvilinee verso il lato breve.

Verso sud-ovest, nel punto dove il piano della roccia fInisce formando un alto gradino – probabilmente al tempo dello scavo per questa deposizione erano già stati eseguiti i lavori visibili su tutto il piano roccioso per favorire il deflusso delle acque meteoriche – la sepoltura risulta per un breve tratto anche in fossa terragna; questo lato corto della sepoltura rettangolare sembrava conservare un profilo interno quasi curvilineo, come se fosse stato scavato nella terra, proprio in corrispondenza dei piedi del defunto. Sopra le estremità degli arti inferiori sono state ritrovate ancora in posizione verticale, ma una a livello più basso rispetto all’altra, due brocchette monoansate di ceramica comune che facevano parte del corredo.

Appena rimossi le porzioni di anfora e gli embrici di copertura, alcuni dei quali risultarono come già detto oltreché crollati anche ridotti in frammenti, si scoprì una grande quantità di consistenti grumi di calce.

Lo scheletro, con il cranio verso sud-est, quindi verso la parete esterna dell’ipogeo, era inglobato in una calce grigiastra molto umida ma che conservava impresse nitidamente le impronte di un tessuto a trama grossa della veste o del sudario usato per avvolgere il defunto.

Sono stati trovati. ancora in posto i chiodi di ferro della cassa lignea che, una volta accolto lo scheletro, era stata riempita di calce. Il corredo funerario era costituito da una moneta di bronzo, molto ossidata, di Gordiano 1II44, da un chiodo di bronzo e da due brocchette monoansate di terracotta beige-giallastra, una piu chiara dell’altra, con corpo piriforme e collo tronco-conico rovesciato, decorate da una serie di costolature evidenti soprattutto sulla pancia, secondo un tipo già noto anche a Porto Torres.

FONTE: Francesca Manconi – Note sulle necropoli di Turris Libisonis (Porto Torres): ancora su Tanca Borgona e l’area orientale.
L’Africa romana: atti dell’ottavo Convegno di studio, 14-16 dicembre 1990
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