Ùsini: domus de janas di S’Elighe Entosu

 

Domus de janas di S’Elighe Entosu, Ùsini

Autrice: Maria Grazia Melis

La necropoli di S’Elighe Entosu è costituita da sette domus de janas di ambito tardo neolitico ed un ipogeo a prospetto architettonico (tomba VII), che, pur appartenendo secondo la denominazione corrente alla necropoli di S’Elighe Entosu, se ne discosta cronologicamente e geograficamente ed è stato considerato come isolato nelle analisi di tipo topografico. A queste si aggiunge una grotticella di dubbia definizione, caratterizzata da un unico ambiente fortemente alterato forse in seguito all’apertura o all’allargamento di una stradina di campagna che la lambisce. Come la tomba VII è ubicata ad una maggiore distanza dal gruppo della necropoli. Ciononostante con i suoi sette restanti monumenti la necropoli è la più vasta del territorio usinese. Nel complesso infatti si nota una forte presenza di tombe isolate -tra le quali diversi ipogei a prospetto architettonico- o di gruppi di 3 e 2 tombe; meno frequenti le necropoli di 4, 5 e 6 ipogei.

Lo stato di conservazione generale delle tombe dipende dal sostrato geologico che caratterizza il territorio, un calcare tenero, ma in forte stato di degrado, in particolare in corrispondenza delle pareti dei costoni, caratterizzati da fenomeni di erosione e crolli. Poiché le domus sono frequentemente ubicate ai bordi di pianori e tavolati calcarei che si affacciano sulle vallate dei fiumi principali e secondari, sono spesso interessate da lesioni importanti. E’ questo il caso della domus V di S’Elighe Entosu, tra le più interessanti dell’intero territorio, il cui stato di forte degrado fu segnalato dalla scrivente alle autorità competenti sin dal 2006. La facciata è completamente distrutta a causa del crollo del costone, mentre dal soffitto del vano centrale una profonda fes- sura formatasi in seguito alla crescita di un albero di fico invade un vano laterale, provocando il di- stacco di un blocco che comprende parte del soffitto del vano centrale e del vano b. Attualmente l’accesso all’ipogeo è stato vietato, in considerazione del pericolo di crolli, in attesa di un intervento di restauro che metta in sicurezza le parti compromesse.

Gli altri ipogei sono spesso interessati da uno stato di alterazione superficiale delle pareti, dei soffitti e dei pavimenti, dalla presenza di patine, muffe, strati di annerimento causati da combustioni recenti; sono inoltre in alcuni casi deturpati da graffiti moderni.

Rimandando al contributo sull’arte la trattazione degli elementi simbolici e rituali, si illustreranno le principali caratteristiche architettoniche. I dati generali sulle modalità di accesso all’interno degli ipogei usinesi non si prestano a considera- zioni statistiche, poiché in molti casi sono crollati o obliterati dalla vegetazione. Tale limite ri- guarda anche la necropoli di S’Elighe Entosu. Come si è accennato, tra gli aspetti peculiari di S’Elighe Entosu rientra la monumentalità degli ingressi delle domus III e IV. Nel caso della domus IV lo sproporzionato sviluppo del corridoio ne sottolinea la sua funzione cerimoniale: la pre- senza all’interno dell’ipogeo di un solo vano laterale, al quale si accede dal vano centrale, suggerisce che la funzione cultuale doveva essere più importante di quella funeraria stricto sensu. La lunghezza di 27 m costituisce un unicum nell’ipogeismo sardo. Si segnala tra i più lunghi quello della tomba 1 di Molia – Illorai, di 24 metri, ricostruibili da alcune porzioni conser- vate (Tanda 1992).

Oltre alle tombe III e IV, anche la tomba VIII ha un ingresso a corridoio, il quale, nonostante sia parzialmente crollato nel primo tratto, invaso dalla vegetazione e delimitato da un muretto a secco recente che lo taglia trasversalmente in prossimità della parte crollata, è leggibile per una buona parte (fig. 13). In esso sono inol- tre presenti quattro nicchiette, due per parete laterale; la loro posizione ad un’altezza di circa m 1,50 e la possibilità che almeno una di esse fosse scavata al di sotto di una sporgenza del muro (fig. 12) o in corrispondenza di una parte coperta del corridoio, porterebbe ad esclu- dere un utilizzo come pedarole, nonostante le ridotte dimensioni rendano dubbia una fun- zione rituale.

 

Totalmente crollati gli ingressi alle domus V e IX , quelli alle tombe II e VI sono rialzati rispetto al piano di calpestio attuale, ma il deterioramento della parete calca- rea non consente ulteriori approfondimenti. L’orientamento degli ingressi è compreso tra SE e SSE, fatta eccezione per le tombe I e IX, nelle quali è indeterminabile.

I caratteri legati agli sviluppi planimetrici non si discostano da quelli degli altri ipogei del territorio: sono infatti attestati gli schemi monocellulari, pluricellulari a T semplice o variato e quelli a sviluppo centripeto. Un ostacolo ad una lettura generale degli elementi architettonici degli ipogei è rappresentato dai frequenti rimaneggiamenti di epoca postmedievale (?) e contemporanea, che hanno modificato gli impianti originari: allargamento dei portelli, abbassamento del pavimento e ampliamento dei soffitti, sfondamento delle pareti di separazione tra vani adiacenti per ottenere ambienti di dimen- sioni maggiori. Nella domus III per esempio il vano b ha il pavimento ribassato, che risparmia una vaschetta nell’angolo S, forse legata ai successivi utilizzi (postmedievali?)3 della tomba. Tracce di uno strumento metallico sono ben visibili nelle pareti: le tracce relative alle modifiche dell’impianto originario sono generalmente più grossolane e mancano della fase di rifinitura che caratterizza la sequenza di escavazione delle tombe neolitiche. Nello stesso ipogeo il portello fu allargato ed il soffitto del vano c, originariamente piano, fu ulteriormente scavato per aumentare l’altezza della cella. Anche gli ambienti interni furono manomessi con lo sfondamento di alcune pareti.

Il numero dei vani varia da un minimo di 1 nella tomba VII ad un massimo di 13 della tomba 3. In tre casi la lacunosità del monumento non consente di ricostruire l’impianto planimetrico completo (tombe I, V, IX); nella domus II la visione è limitata dal potente strato di deposito che impedisce l’accesso a tutti i vani; nel caso della domus III, le pareti dei vani periferici sono state talvolta sfondate per unificare vani contigui, pertanto l’esistenza di alcune camere è ipotizzata sulla base delle tracce visibili nelle pareti. Infine per la domus IV, non essendo ancora stato completato lo scavo non è possibile stabilire se il primo tratto del dromos, che presenta caratteristiche diverse dalla parte mediana e posteriore (maggiore larghezza e pareti lievemente aggettanti) sia da considerare un vano coperto; in questo caso il numero delle camere salirebbe a 4.

 

Il ritrovamento di un “betilino” in uno strato di fre- quentazione del Bronzo medio suggerirebbe l’acquisizione in tale periodo di un ruolo analogo a quello dei numerosi ipogei con prospetto ar- chitettonico del territorio. In questo caso si trat- terebbe di un ipogeo neolitico adattato nell’età del Bronzo. La manomissione della parete e del soffitto del vano b non hanno permesso di individuare l’eventuale presenza dei fori per l’alloggiamento dei betilini, riscontrato in numerosi ipogei del Sassarese.

Leggi lo studio completo qui:  http://www.lapars.it/sites/default/files/se6.pdf

 

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