Domus de janas di Genna Salixi, Villa Sant’Antonio
La necropoli di Genna ‘e Sàlixi si trova a sud del paese di S. Antonio Ruinas, a 1 km di distanza, lungo la provinciale che conduce a Senis, leggermente a ridosso sulla sinistra. Di fronte alle tombe, oltre la strada, si eleva il nuraghe Caiu; forse in origine un trilobato, ora conservato solo parzialmente.
La necropoli è costituita complessivamente da 14 ipogei.
Le tombe I–XII, di cui le ultime 5 sinora inedite, sono aperte in serie orizzontale sul fianco di una collina di roccia trachitica che si affaccia sulla valle sottostante attraversata da un affluente del Flumini Imbessu; le tombe XIII e XIV sono aperte su leggeri rialzi collinosi, dirimpetto alle prime, situate una di fronte all‘altra.
G. Pinza, che riportò nel 1901 il grafico di alcune di queste, le considerò le più belle domus de janas della Sardegna, specie per la monumentalità dell‘ingresso. G. Lilliu, in tempi più recenti, ne riportò i grafici mettendo in risalto la combinazione dei contorni dritti e curvi dei vani e notando inoltre una concezione architettonica più progredita rispetto ad altre «domus» dell‘isola.
Come nella necropoli di Is Forrus, anche qui si nota, sulla roccia che ricopre la fronte dell‘ingresso delle «domus», la presenza di un intreccio di solchi per il deflusso dell‘acqua piovana. È interessante notare il prospetto della tomba III, che superior mente è scorniciato mediante un‘incisione curvilinea.
Le grotticelle sono del tipo a proiezione longitudinale caratterizzate da un «dromos» di accesso. Hanno ingressi con orientamento da est a sud. 6 tombe (III, VI, VII, XI, XIII, XIV) mostrano lo schema classico costituito da cella e anticella prece dute da un corridoio a spalle declinanti, con vesti bolo per lo più coperto; in altre 7 si nota l‘assenza della anticella (tombe I, IV, V, VIII, IX, X, XII). In questi casi si accede alla cella dell‘ipogeo tramite un portello direttamente dal vestibolo coperto o, in assenza di questo, dal «dromos». In una sola tomba (IX) si nota l‘assenza del «dromos»; qui si accede alla cella per un breve vestibolo di pianta ellittica.
Solo in due ipogei si osserva la presenza di una seconda camera; nella tomba II aperta nella parete di fondo della cella, nella tomba X in quella laterale sinistra sempre della cella maggiore. Si nota inoltre, nella parete di fondo della cella della tomba VIII, il tentativo di scavo, mai condotto a termine, di una seconda cella; residua infatti la sagomatura rettangolare di un portello non ultimato (0,55 x 0,60 m). I corridoi delle «domus», che a volte mostrano decisamente ampie proporzioni, hanno pianta di forma rettangolare o trapezoidale con spalle declinanti (t. I: 5,70 m lungh. x 2,40 m largh., t. II: 3,50 m lungh. x 1,70 m largh.).
I vani delle tombe hanno pianta di forma rettangolare, quadrangolare, rotondeggiante ed ellittica; si nota, anche nello stesso ipogeo, la combinazione dei profili retti e curvi; le volte, per lo più piane, solo raramente si elevano verso il fondo del vano per poi congiungersi, tramite angoli molto dolci e smussati, con le pareti.
Presenti anche in questa necropoli nicchie nelle pareti create per lo più allo stesso piano del pavimento, mentre nella parete di fondo della tomba X si nota una mensola ricavata per deporvi offerte o doni in onore dei defunti. Notevoli inoltre le fossette, scavate nel pavimento della cella della tomba V e delle anticelle delle tombe V e VII.
Dal punto di vista planimetrico le tombe delle necropoli di Is Forrus, Fontana Caberis e Genna‘e Salixi trovano confronti più prossimi nei vicini e numerosi ipogei di Mesadda, Puzzu, Nurachi (Ruinas), Domigheddas (Fordongianus), Campumaiore (Busachi), Sas Concas (Oniferi) e Pranu de Corongiu (Laconi). In particolare le «domus» con lungo <dromos» si correlano con alcuni ipogei di Furrighesos (Nughedu San Nicolò), Anghelu Ruju («do mu» III), Carraxiu e Sant‘Imbenia (Alghero), Ittireddu (Ozieri), S. Andrea Priu (Bonorva), Suneli (Laconi).
Sebbene la presenza di livelli di cultura Ozieri in tombe a lungo «dromos », o in tombe con disposizione dei vani in senso longitudinale, dimostri come questo tipo tombale abbia avuto la sua origine in seno alla cultura basica di S. Michele, la remota violazione degli ipogei di questa necropoli non consente una datazione precisa al di là di una attribuzione ad Età prenuragica, alla quale si riporta anche il «menhir» di M. Corru Tundu.
Testo tratto da: I Sardi – La Sardegna dal Paleolitico all’Età Romana