S’Alighera – L’ Alguer – Alghero: domus de janas di Anghelu Ruju

Domus de janas di Anghelu Ruju, Alghero

Coop. S.I.L.T Sarda Interpreti Lingue Turismo

Come arrivare: 

Da Alghero si prende la SP 42 (detta “strada dei due mari”) in direzione Sassari-Porto Torres. Percorsi circa 6 Km si raggiunge il parcheggio dell’area, sulla sinistra.

Coordinate:  40°37’56″N 8°19’35″E

La necropoli di Anghelu Ruju, ubicata in un’area prevalentemente pianeggiante delimitata a Ovest dal Rio Filibertu, è costituita da 38 tombe, 37 del tipo a domus de janas e da una a sepoltura a fossa (Tomba XXVI). Tra gli ipogei, 7 sono realizzati in corrispondenza di un’area pianeggiante, 31 sono collocati, invece, sulla sommità e le pendici settentrionali e orientali di una modesta collina di arenaria calcarea.

L’accesso alle sepolture, generalmente orientato a Est e Sud-Ovest, può avvenire secondo due modalità differenti: tramite un ingresso a pozzetto (Tombe C, F, IV, XIII, XV, XVI, XXIV, XXVII), talvolta agevolato dalla presenza di gradini irregolari, o attraverso un ingresso a dromos, (Tombe A, B, D, I-III, V, VII, XI, XII, XVII, XIX, XXbis-XXIII), solitamente discendente e munito di gradini scolpiti all’imboccatura; in alcuni casi il dromos si caratterizza per le dimensioni monumentali (Tombe II, XXbis).

Relativamente all’articolazione interna, si evidenzia che tutti gli ipogei presentano sviluppi planimetrici pluricellulari, con un numero massimo di ambienti pari a 11 (Tomba III). In genere, le tombe con accesso a pozzetto presentano una planimetria irregolare, assenza di anticella e celle tondeggianti o sub-rettangolari, mentre quelle con tipologia di accesso a dromos hanno pianta regolare complessa, spesso a “T”, con padiglione e almeno la seconda cella a profilo rettilineo.

Gli ipogei della necropoli si caratterizzano, inoltre, per la presenza al loro interno di riproduzioni di elementi architettonici, quali colonne, pilastri, zoccoli, lesene, soffitti a una falda (Tomba XXbis) o a doppio spiovente (Tomba XXX). Questi motivi architettonici risultano maggiormente concentrati nel gruppo delle tombe con ingresso a dromos. Inoltre, sono raffigurati motivi simbolici scolpiti quali protomi taurine (Tombe A, XIX, XXbis, XXVIII, XXX) e false porte (Tombe VIII, XXI, XXX). Tali motivi decorativi, architettonici e simbolici, sono spesso associati a evidenti tracce di ocra rossa, ancora visibili sulle superfici delle pareti interne delle sepolture (Tombe VII, XIX, XX, XXIX).

Gli ipogei scavati nel settore Sud-Ovest della necropoli risultano profondamente danneggiati da un’intensa attività di cava per l’estrazione di materiale lapideo, che ne ha fortemente compromesso lo stato di conservazione.

Si segnalano, in particolare, le Tombe A e XXbis. La Tomba A si distingue per un lungo dromos seguito da una planimetria a “T”: in corrispondenza dell’anticella, sulla parete destra sono scolpite sei protomi taurine in stile naturalistico; altre due protomi sono presenti sulle pareti di una cella laterale.

La Tomba XXbis è caratterizzata da un ingresso a dromos monumentale, fornito di gradinata, e da uno schema planimetrico complesso. Attraverso un portello, forse ornato da un motivo corniforme, si accede a una camera principale dove sono presenti due pilastri; sulla superficie di quello posto a destra sono scolpite tre protomi taurine stilizzate. 

Scoperta casualmente nel 1903 durante i lavori di cava per l’estrazione di materiale lapideo destinato alla costruzione della nascente azienda vinicola Sella e Mosca,  la necropoli è il più vasto complesso funerario preistorico della Sardegna settentrionale. Gli scavi archeologici, condotti a più riprese da Antonio Taramelli, Doro Levi, Ercole Contu e Giovanni Maria Demartis, tra il 1904 e il 1995, hanno permesso di documentare il momento di escavazione della necropoli durante il Neolitico recente e finale con un frequente riuso delle sepolture durante l’Eneolitico e i Bronzo antico.

In linea generale le sepolture possono essere suddivise in due grandi gruppi: uno, ritenuto dagli studiosi più antico, caratterizzato da ipogei con ingresso a pozzetto e con disposizione dei vani irregolare; l’altro, più recente, con dromos d’accesso e una disposizione planimetrica degli ambienti che ricalcano una sequenza definita (dromos, anticella, vano principale, celle secondarie). Il ritrovamento di ceramiche Ozieri in entrambi i gruppi tombali ha portato il Demartis a ipotizzare, in attesa di studi futuri che permettano di documentare la presenza di fasi più antiche come il San Ciriaco, che il passaggio dal modello più antico a quello più recente sia avvenuto all’interno di questa cultura e che ad essa sia da attribuire, se pur in due momenti diversi, l’escavazione di tutti gli ipogei della necropoli, tranne alcuni interventi marginali relativi ai periodi successivi.

La necropoli doveva essere pertinente ad un vasto villaggio, di cui però non è rimasta traccia, forse a causa delle opere di bonifica agraria che hanno interessato la zona nella prima metà del Novecento.

Testo tratto da “La Sardegna Preistorica” , a cura di Alberto Moravetti, Paolo Melis, Lavinia Foddai, Elisabetta Alba

https://www.sardegnadigitallibrary.it/documenti/17_27_20180612094927.pdf

 

Anghelu Ruju

Anghelu Ruju

error: Content is protected !!