Ardaule – Ardauli: domus de janas di Mandras

 

 

Domus de janas di Mandras, Ardauli

Leggi l’articolo completo qui: https://www.academia.edu/

La necropoli di Mandras e la Tomba Dipinta

Autrice: Cinzia Loi, studiosa e Ispettore Onorario per l’archeologia, presidente dell’associazione Paleoworking Sardegna

Nel territorio di Ardauli sono stati censiti finora 32 ipogei funerari neolitici del tipo a domus de janas, meglio conosciuti qui con il termine musuleos. Fra i musuleos di Ardauli, di straordinario interesse, non solo per la particolarità dei motivi architettonico-decorativi riprodotti sui soffitti e sulle pareti degli ambienti principali, ma anche per il fatto che tali motivi sono resi simbolicamente tramite pittura rossa, è la Tomba di Mandras, dal nome della località non lontana dal centro principale del comune.L’ipogeo di Mandras, pluricellulare e dalla planimetria articolata, si apre alla base di un affioramento di tufo trachitico  (vicino si nota il tentativo di escavazione di una seconda grotticella). Al suo interno coesistono, oltre a quelle che richiamano semipilastri e finte nicchie, le rappresentazioni dipinte di due tipologie di soffitti: ellittica nell’anticella; a uno o a due spioventi con lati brevi arrotondati nella cella principale. Il soffitto dell’anticella è segnato da sei travetti dipinti di rosso, tre per lato, che convergono verso una banda circolare appena visibile e che rappresenterebbe il sistema di legatura dei travetti stessi. Nel soffitto della cella principale è invece rappresentato il tetto a uno o a due spioventi con lati brevi arrotondati, reso da fasce di colore rosso. Ma l’impatto più emozionante viene dal motivo dipinto “a reticolo” presente sulla parete d’ingresso e in parte sulle pareti laterali della cella principale, ottenuto con fasce orizzontali e verticali di colore rosso. Allo stato attuale delle ricerche, il motivo a “reticolo” costituisce un unicum, per le dimensioni eccezionali e soprattutto per il fatto di essere reso tramite pittura: il motivo riprodurrebbe – pur in assenza di confronti sicuri – l’intelaiatura delle pareti delle capanne preistoriche, costituita da pali sistemati sia in senso verticale che orizzontale. Non è escluso che all’interno della nostra domus de janas possano essere presenti altri elementi simbolici non più visibili a occhio nudo.


Il restauro

 

PREMESSA 

Autore: Alessandro Usai

Nel novembre del 2018 il Comune di Ardauli ha ottenuto un finanziamento regionale di 30.000 euro. Nonostante l’esiguità della somma concessa, una volta Individuati i diversi proprietari e tralasciata per il momento l’acquisizione del terreno, è stato avviato il procedimento di dichiarazione d’interesse culturale; inoltre è stato ottenuto l’assenso dei proprietari all’esecuzione dell’intervento di restauro. Il Corpo Forestale regionale ha autorizzato il taglio degli alberi che insistevano sul bancone roccioso, eseguito poi dall’Agenzia Forestas. La Compagnia Barracellare di Ardauli ha allargato e sistemato il sentiero di accesso e decespugliato l’area circostante alla tomba. Il Comune ha affidato al Consorzio L’Officina la redazione del progetto definitivo-esecutivo e l’esecuzione dei lavori. La Soprintendenza ha approvato il progetto nel luglio 2020; inoltre, su richiesta del Comune, ha autorizzato i propri funzionari ad assumere gli incarichi nell’ambito dell’ufficio di direzione dei lavori. Finalmente, il 15 settembre 2020 sono iniziati i lavori di restauro.

Dal degrado al restauro

Autrice: Georgia Toreno 

Causa principale, diretta e indiretta, del degrado del sito è l’acqua piovana che ha attivato e favorito la proliferazione dei biodeteriogeni (ovvero degli organismi che possono causare danno ai materiali). Questi hanno svolto un ruolo preponderante nel decadimento del contesto, sia a livello microscopico, con massiva infestazione di alghe e batteri, che macroscopico, a causa della crescita di una sughera proprio in corrispondenza della volta della domu. Le radici hanno di fatto aperto l’ingresso delle acque meteoriche alle camere interne della tombaIn aggiunta le precipitazioni piovose sono penetrate all’interno degli ambienti anche direttamente dall’ingresso della domu andando a creare una pozza stagnante rilevabile nei mesi autunnali e invernali nella quale i biodeteriogeni hanno potuto proliferare indisturbati

 

Le analisi diagnostiche

Autrice: Rita Ciardi 

I campioni analizzati sono stati prelevati con bisturi da cinque punti rappresentativi della domu de janas di Mandras. Nella domu di Ardauli, così come in altre strutture funerarie sarde (Sos Furrighesos), la colorazione appare ubicata in modo predominante sulle pareti degli ambienti della tomba considerati più importanti, ovvero l’anticella e la cella principale

La compattezza del colore e l’assenza di tracce di legante nei campioni analizzati confermano che il pigmento fu steso secondo una tecnica spesso rintracciata nella pittura preistorica. Tale procedimento consisteva nel pestare i pigmenti e nel mescolarli con l’acqua o con succhi vegetali, in modo da formare un composto plastico con cui facilmente si poteva ricoprire il substrato roccioso delle pareti o le figure, in strati più o meno spessi, a caldo o a freddo, a mano o con l’aiuto di strumenti. 

Lo strato pittorico è costituito, oltre che da ocra rossa, anche dal quarzo, visibile molto bene nel campione n. 2, dove lo strato si presenta molto più spesso degli altri ed è frammisto a grossi granuli di quarzo. Con buona approssimazione, la presenza di questo minerale a base di silicio (SiO2) è riconducibile all’approvvigionamento delle ocre, i cui depositi in Sardegna sono costituiti prevalentemente da argille e ossidi di ferro

L’intervento di restauro

L’intervento ha avuto come obiettivo principale la conservazione e il risanamento dai fenomeni di degrado delle pitture murali. Per poter preservare e conservare i dipinti si è dovuto necessariamente operare sia all’interno che all’esterno, dove dopo aver rimosso i depositi terrosi, sono state consolidate le fratture e le microlesioni con malte fluide premiscelate in modo da contrastare i percorsi di passaggio delle infiltrazioni di acqua che provengono dalle lesioni sul soffitto della domu

Sono stati riadesi i frammenti o parti del supporto litico già distaccati o semidistaccati. L’operazione di stuccatura ha completato l’intervento e ha limitato l’insediamento di muschi e piante infestanti facilitando lo smaltimento delle acque meteoriche. Una parte importante del lavoro è stata dedicata alla rimozione delle radici residue delle piante devitalizzate presenti sulla roccia. Gli apparati radicali che si presentavano estremamente diramati al di sotto della superficie litica sono stati rimossi. La grande radice della sughera è stata ridotta ma si è preferito lasciarla in situ in quanto la sua rimozione totale avrebbe potuto compromettere la staticità della grotticella sottostante

All’interno della tomba sono stati rimossi i depositi superficiali, gli accumuli di polvere, le efflorescenze saline, il terriccio e il guano. Le patine biologiche sono state devitalizzate e rimosse; inoltre è stato effettuato il consolidamento della pellicola pittorica e dei materiali costitutivi.  La pulitura delle superfici, compreso il pavimento, ha alternato l’uso di mezzi meccanici a mezzi chimici.

 Inoltre, sono state realizzate delle stuccature all’ingresso della tomba per allontanare le acque meteoriche

 


 la necessità di tutelare la Tomba Dipinta di Mandras

Autori: Alessandro Usai, Elena Romoli 

L’intervento dell’autunno 2020 può considerarsi solo come il primo lotto di un’opera più complessa. Si può ritenere che il problema delle infiltrazioni d’acqua attraverso le spaccature della volta sia stato correttamente affrontato. Invece è stata sostanzialmente rinviata, in attesa di osservazioni più sistematiche e di una decisione concordata tra archeologi, architetti e restauratori, la soluzione degli allagamenti dovuti alle piogge battenti, dal momento che la soluzione non potrà prescindere da un programma organico di conservazione e fruizione per gli anni a venire, soprattutto nel caso di ottenimento del riconoscimento dell’Unesco

 Nessun risultato di lunga durata potrà essere ottenuto senza l’acquisizione del terreno e del percorso di accesso, la recinzione con cancelli pedonale e carrabile, la creazione di supporti informativi tradizionali e digitali fruibili all’esterno e all’interno dell’area, la gestione di visite organizzate con servizio di prenotazione, guida e sorveglianza per piccolissimi gruppi e solo in occasioni programmate, senza escludere altre forme di utilizzo collettivo del sito, volte a risvegliare e rafforzare l’esperienza evocativa della natura e del racconto dei miti popolari e dei risultati della ricerca archeologica. 

Ci sembra necessario proporre alcuni complementi indispensabili: da un lato la chiusura della tomba con sistema di controllo microclimatico continuo, così da contenere sia l’interazione con l’ambiente esterno e le variazioni termoigrometriche che apportano continui stati di stress alle superfici decorate, sia il danno diretto da sfregamento causato dall’ingresso di curiosi; dall’altro la creazione di un sistema digitale per la visita virtuale, anzi possibilmente la costruzione di un’alternativa liberamente e facilmente accessibile.

Anche attraverso il progetto di archeologia sperimentale dell’associazione Paleoworking Sardegna, che prevede la realizzazione di un’installazione fruibile dal pubblico e capace di far comprendere ai visitatori le peculiarità dei motivi presenti sulle pareti dell’ipogeo, si potrebbe coniugare tutela e conservazione con l’esigenza di fruizione del monumento

 

 








 





error: Content is protected !!