Sedilo: betilo di Sant’Antinu ‘e Campu

Betilo di Sant’Antinu ‘e Campu, Sedilo
Il betilo di Sant’Antinu ‘e Campu, è stato scoperto e disegnato dal cartografo Carlo De Candia, che lavorò con Alberto Della Marmora alla realizzazione della cartografia geodetica della Sardegna nella prima metà dell’ottocento. Il Della Marmora lo pubblicò nel 2° volume di Viaggio in Sardegna. Così lo desrive: “La pietra conica di Sedilo…..che si trova ora nel cortile attiguo ad una cappella campestre dedicata a S. Costantino, pres­so il villaggio di Sèdilo. E’ alta 2 metri ed è molto più stretta alla base che ai due terzi della sua altezza, assumendo una forma evidentemente fallica; ma il suo tratto più spiccato è la presenza d’una mammella sola e d’una sola cavità conica, in modo che essa partecipa insieme delle due specie di coni descritti sopra (si riferisce ai betili di Tamuli e Perdu Pes). La mam­mella è evidentemente parte integrante della pietra stessa, in cui è stata lavorata dallo scultore; la cavità cilindrica o conica è si­mile a quella della pietra k (betile di Perdu Pes a Paulilatino). In nessun altro modo sapremmo ren­dere ragione di questa cavità, se non supponendo che servisse a fissare una seconda mammella di pietra o d’altra materia, messa dopo ed ora andata per
duta. E’ probabile che questo monumento singolarissimo non fosse il solo in questo posto e forse la sco­perta d’altri coni di questa specie metterà sulla via d’una spie­gazione, che nel momento siamo nell’impossibilità di proporre; insistiamo tuttavia sulla particolarità offerta da questa pietra.”
Giovanni Tore in: Sedilo 4 – Rilievo funerario in pietra, pag.12, sintetizza le ipotesi di altri archeologi sul betile.

Giovanni Lilliu riteneva che i betili conici, fossero da associare alle tombe dei giganti con stele centinata, per questo indicò Santu Antinu ‘e Campu, dove si trova un tomba arcaica, come luogo di provenienza del betilo. Ma viene da chiedersi perché l’avrebbero trasportato, in una data sconosciuta, ma sicuramente antecedente alla prima metà del IXX secolo, da una località ad un’altra distante quasi 5 km in linea d’aria? È più verosimile che il betilo provenga dalla tomba dei giganti isodoma di San Costantino, situata a 200 mt dal santuario, come scrive Giovanni Tore in Sedilo 4: Rilievo funerario in pietra. Pag. 12.

Betilo di Santu Antinu 'e CampuQuando fu pubblicato dal Della Marmora il betilo era ancora intero, il disegno di Carlo Decandia nell’atlante del secondo volume di Viaggio in Sardegna, lo mostra con la parte superiore conica e con la bozza in negativo. Successivamente come scrive lo stesso Lilliu venne utilizzato come sostegno di una tettoia, fu forse allora che venne spezzato, e il taglio obliquo della frattura, è compatibile con la pendenza di un tetto. Ma se il betilo è stato fratturato per quello scopo, la seconda bozza, come dimostra il disegno era già in negativo. Credo che non sapremo mai se sei stato realizzato così, magari per inserire nel vuoto una mammella posticcia, come teorizzava il Della Marmora o se aveva ragione Lilliu.
(Testo a cura di t. Sotgiu)
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I betili, che costituiscono l’elemento legato al rituale sicuramente più studiato nel corso degli anni, assommano a un centinaio e sono riprodotti in misura piccola e miniaturistica. Il fatto non stupisce se si considera che essi possono essere stati i simboli più diretti di un’entità trascendente: questo carattere di particolare rilievo può anche spiegare la loro ampia diffusione in tutta l’isola e per un lungo periodo e la loro omogeneità rispetto all’incostanza delle altre manifestazioni. I betili possono anche avere parzialmente incorporato il significato dei più arcaici menhir, diffusi nelle sepolture dolmeniche del nuorese e rispetto ai quali non c’è quasi mai compresenza in una stessa tomba.

Da notare il ricorrere, non sembra casuale, del numero tre e dei suoi multipli nei betili delle diverse tipologie e nei fori dei conci.

La caratterizzazione sessuale particolarmente accentuata nei betili conici sembra sfumare o perdersi nei betili troncoconici, in favore del vago antropomorfismo del profilo concavo-convesso. I probabili occhi rappresentati dai fori, potevano essere segnati anche in maniera differente nei betili lisci, come si può intuire dall’eccezionale raffigurazione di un volto nel betilo di San Pietro in Golgo e da quella forse originariamente disegnata nel betilo Nurachi – Nurache 1 di Sedilo.

Betili conici

I dati considerati attendibili, su tutto il territorio regionale, sono relativi a trenta betili conici provenienti da dodici tombe di giganti, localizzate soprattutto nella Sardegna centrale: ventitré in provincia di Nuoro, tre in quella di Sassari e due rispettivamente a Cagliari e Oristano. Quasi esclusivamente in basalto accuratamente lavorato, hanno sezione circolare o subcircolare, un’altezza compresa tra cm 180 e cm 70, e un diametro di 40-100 cm, per cui risultano più o meno tozzi o slanciati. L’altezza media, calcolata sui ventidue betili interi, è di cm 130, e il diametro medio di cm 62; il rapporto h/d è quindi di circa 1:2.

Venticinque betili sono lisci e cinque presentano due bozze coniche per cui in letteratura vengono usualmente definiti “mammellati”. I betili conici mammellati sono presenti a Tamuli I-Macomer e Sant’Antinu ‘e Campu-Sedilo.

I betili conici mammellati sono presenti a Tamuli I-Macomer e Sant’Antinu ‘e Campu-Sedilo.

Il betilo di Santu Antinu ‘e Campu è stato oggetto di grande attenzione: si caratterizza infatti per avere una bozza e un foro: già il Lamarmora riteneva che nella parte cava dovesse essere applicata una “bozza mammellare posticcia”. Nel 1978, Lilliu dimostrò che il foro era stato scavato secondariamente e che quindi il betilo è in tutto simile a quelli di Tamuli

Secondo l’illustre studioso i betili conici sono abbinati a tombe di tipologia dolmenica con stele e i betili troncoconici a tombe isodome. Ulteriori studi suggeriscono ora che il discrimine cronologico per i betili conici sia anche da ricercarsi, oltre che nella loro forma, nel loro numero plurale e nella loro disposizione all’esterno e in particolare sul lato sinistro nelle tombe isodome, contro la presenza singola e all’interno dell’area semicircolare dell’esedra in quelle dolmeniche.

In effetti la tomba di Santu Antinu ‘e Campu ha una eccezionale struttura tipologicamente intermedia, in ortostati e filari, che può ancora essere ritenuta dol- menica, e stele centinata bilitica con incassi e dentelli. 

FONTE: Stefania Bagella – Sepolcri dei nostri antenati Rituali funerari in età nuragica: il caso di Sedilo

http://www.iloisedilo.org/raccolta/pdf/2001/02.pdf

 

Stele della tomba di giganti di Padru Longu

Unico elemento litico residuo della tomba di giganti di Padru Longu – Aidomaggiore

La tomba è stata completamente smantellata e i conci ben squadrati, fra i quali alcuni archi monolitici absidali, sono stati utilizzati come materiale di riempimento nella massicciata della nuova strada a scorrimento veloce Abbasanta -Nuoro (informazione verbale del sig. Michele Cambedda).
E’ rimasto un solo concio che è stato trasportato a Sedilo, nel recinto della chiesa campestre di S. Costantino, dove attualmente si trova.
Si tratta della grande pietra terminale di facciata, dalla forma di una piramide tronca con facce trapezoidali, angoli arrotondati e spigoli curvo – convessi.
La lastra è mutila per frattura del tratto inferiore e presenta vistose lesioni nelle superfici laterali. L’altezza massima residua è di m. 0,84, la probabile larghezza massima originaria era di m. 1,80. La superficie posteriore del concio è molto rozza, al contrario delle altre facce che sono accuratamente lavorate a martellina. Nella leggera depressione della base minore si notano i tre incavi troncoconici, scavati a rotazione con la base minore nel fondo, nei quali venivano inseriti i betilini di coronamento della sepoltura nuragica.

FONTE: CATERINA BITTICHESU – SCHEDE MONUMENTI ARCHEOLOGICI DEL COMUNE DI AIDOMAGGIORE

http://win.comuneaidomaggiore.it/cdcomune/archeologia/pagine/104padru_longuA.htm

 

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