Giaroi-Genoni: rotonda nuragica Sa Corona Arrùbia

Rotonda nuragica Sa Corona Arrùbia, Genoni

Della Rotonda nuragica di Sa Corona Arrùbia rimane intero l’anello di base (diam. int. m 8,20; diam. est. m 11) costituito di un paramento murario isodomo in basalto con due e in poche parti tre assise conservate (contando anche quella di fondazione), con una piccola nicchia e qualche blocco pertinente a una banchina, forse originariamente estesa a tutta la parete interna. Rimangono poche parti dell’originario lastricato pavimentale, sempre in basalto, e un corso di piccoli blocchi di basalto sbozzati ma non rifiniti, in qualche parte ancora in opera come dente di fondazione fra l’alzato e le lastre del pavimento. Rimane parzialmente risparmiata dalla distruzione la zona dell’ingresso, dalla quale non risulta esservi stato un vestibolo

Nell’enorme massa di materiale da costruzione derivato dalle varie demolizioni, si distinguono parti di una tholos isodoma ed un blocco di canaletta cosa che conferma la possibile presenza di rituali legati all’acqua o al suo culto.

Fu il Taramelli che per primo si soffermò sulle rovine di Corona Arrubia attribuendole a un sacello preistorico per la perfezione della tecnica isodoma e per l’accurata lavorazione dei conci, nonché per la loro varietà tipologica. Egli escluse, però, che la denominazione «Cresia de S. Maria de s’Ungroni» potesse riferirsi ad esso, mentre è assai probabile che così sia e che in essa si debba riconoscere il ruolo che questo luogo di culto continuò a rivestire nella devozione delle genti del posto anche in tempi ormai cristiani

Il concreto interesse per il tempio nuragico di Corona Arrubia prende avvio dal primo sopralluogo che ebbe luogo nel settembre del 1985. In quell’occasione si constatò l’esistenza di un edificio nuragico, in opera isodoma, che si ipotizzò essere un tempio a pozzo anche per la presenza di un blocco parallelepipedo con canaletta. Risultò, inoltre, evidente che i resti archeologici avessero subito, rispetto ai tempi del Taramelli, ulteriori manomissioni, in gran parte dovute alla realizzazione, all’inizio degli anni Cinquanta, dell’acquedotto di Corona Arrubia le cui condotte idriche passano a pochi metri dal monumento, mentre il deposito sorge sul ciglio della Giara e la casa per il custode è posta a pochi metri dalla Capanna 1: per tutte queste opere moderne vennero impiegati materiali prelevati dalle strutture antiche

Nel luglio del 1987, in seguito alla segnalazione di danneggiamento nell’edificio sacro, venne effettuato un sopralluogo che verificò un danno assai contenuto e superficiale

Ben più grave, invece, è stato lo sconvolgimento operato da clandestini all’inizio del 1994, ma scoperto per caso solo il 2 di ottobre dello stesso anno. Il 14 ottobre si effettuò un sopralluogo per verificare la consistenza del danno: era stata svuotata più della metà della camera per una profondità che andava oltre il livello del pavimento

Fonte: CAMPUS F., LO SCHIA VO F., LEONELLI V ., GUIDO F., PUDDU M.G.
2003 “La “Rotonda” di Corona Arrubia: un nuovo tipo di tempio nuragico. Genoni (NUORO)”, in Bollettino d’Archeologia, 43-45, 1997





error: Content is protected !!