Biddamànna Istrisàili – Villagrande Strisaili: area archeologica di S’Arcu ‘e Is Forros

 

Area archeologica di S’Arcu ‘e Is Forros, Villagrande Strisaili

 

Archeonova srl

Come arrivare:

Sulla SS 389 in prossimità il viadotto “Bacu Alleri” c’è una piazzola dalla quale si dirama una strada bianca che conduce direttamente all’area archeologica, distante circa 400 metri

L’area archeologica di S’Arcu ’e is Forros è situata su una collina a circa 11 km a Sud del passo di Corr’e Boi, e a 890 metri sul livello del mare, in una posizione dominante rispetto al territorio circostante.

Si tratta di un raggruppamento di edifici di culto, fra cui almeno tre templi a “megaron”, inserito in un vasto villaggio solo parzialmente indagato.

Il tempio a “megaron” maggiore, il primo monumento ad essere stato individuato, presenta una pianta rettangolare (m 17×5,50/6,50) articolata in quattro ambienti coassiali, in comunicazione tramite porte architravate: ne residua integra ancora una.

L’edificio mostrava in origine il prolungamento dei muri perimetrali (in antis) sia sul prospetto che sul retro: successivamente, la facciata venne ristrutturata con l’eliminazione dell’atrio e la realizzazione dell’attuale fronte rettilinea.

Una canalizzazione, che parte dall’interno del tempio, attraversa il muro e fuoriesce all’esterno, nel lato Sud- Ovest: era sicuramente destinata allo scolo delle acque lustrali utilizzate nei rituali che si ipotizza si svolgessero nel sacello.

Nell’area antistante l’ingresso è presente un recinto cerimoniale, che ingloba una capanna e si sovrappone ad un altro edificio appartenente al villaggio più antico, sul quale vennero parzialmente edificate le strutture del tempietto.

In prossimità dell’edificio a “megaron”, sul lato Nord-Est, gli scavi hanno portato alla luce una singolare costruzione, formata dall’unione di due piccole strutture tronco-coniche con condotti di aerazione alla base, interpretata come duplice fonderia dove forse venivano realizzati gli oggetti votivi in bronzo rinvenuti nel santuario.

Un secondo tempio a “megaron” è stato portato alla luce durante gli scavi più recenti, a Nord del tempietto sopra descritto; si tratta di una struttura singolare, anch’essa frutto di ristrutturazioni successive. La planimetria, rettangolare (lunghezza m 14,50) con il fondo absidato, era in origine caratterizzata dalla fronte in antis, mentre la cella interna era ripartita in due ambienti separati da porte architravate; successivamente, l’atrio venne chiuso e ne venne ricavata una terza camera all’ingresso.

Nell’area antistante, come nel tempietto maggiore, venne realizzato un recinto sacro (temenos) sul quale si affacciano alcuni ambienti sussidiari. L’eccezionalità di questo tempio, tuttavia, è data dalla presenza, nell’ultima cella (proprio a ridosso del fondo absidato), di uno straordinario altare realizzato con conci di basalto scuro e vulcanite chiara, disposti in filari alternati, talora decorati: due conci di basalto, sovrapposti in filari differenti, mostrano degli schemi di faccina umana o di protome zoomorfa, mentre la sommità dell’altare, a profilo curvilineo, era coronata da conci di basalto che riproducono lo schema del ballatoio su mensole della parte superiore dei nuraghi.

Gli scavi nel vasto abitato, limitati per ora a pochi settori, hanno portato alla luce un tipico isolato (insula) composto da dodici vani disposti attorno ad uno spazio centrale; alcuni degli ambienti erano delle “rotonde”, destinate al culto, caratterizzate dal sedile alle pareti e dal bacile in pietra al centro.

Attiguo all’insula, che ne sfrutta in parte il muro perimetrale, è stato portato alla luce un terzo megaron, di dimensioni molto contenute ed anch’esso rettangolare absidato (11,50×3 metri); venne ristrutturato con l’abbattimento dei muri interni e delle ante frontali che in origine delimitavano l’atrio, e riutilizzato come ambiente domestico provvisto di un piccolo forno a camino.

A breve distanza da questo isolato è stata portata parzialmente alla luce una seconda insula.

Bibliografia: Fadda M.A. 1991b, pp. 108-110; Nieddu C. 2006b, pp. 64-65; Moravetti A. 2010, pp. 244-245;

Fadda M.A. 2012; Fadda M.A. 2015a, pp. 369-377;

Salis G. 2016a, p. 569; Salis G., Tatti M. 2017, pp.85-87.

Testo tratto da “La Sardegna Nuragica” , a cura di Alberto Moravetti, Paolo Melis, Lavinia Foddai, Elisabetta Alba

http://www.sardegnadigitallibrary.it/documenti/17_27_20180611131452.pdf

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