Santu Antiogu – Sant’Antioco: città di Sulki + catacombe romane

 

 

Città di Sulki, Sant’Antioco

 

TOFET

 

Come arrivare:

Partendo dalla SS 130 in prossimità di Iglesias, si prende la SP 126 in direzione Sant’Antioco. Superati Carbonia e San Giovanni Suergiu, si  imbocca il ponte e si prosegue fino a raggiungere l’isola di Sant’Antioco. L’area del tofet è situata in via Sabatino Moscati.

La parola TOFET è un termine di origine biblica che indica una località nei pressi di Gerusalemme nella quale venivano praticati particolari rituali connessi agli infanti, oggi viene utilizzato convenzionalmente per indicare le aree sacre di età fenicia e punica rinvenute in Sardegna, Sicilia e Tunisia. Il TOFET di Sant’Antioco, utilizzato a partire dall’VIII sec. a.C. e sino al I sec. a.C., si presenta come un’area sacra a cielo aperto, ubicata all’estrema periferia settentrionale dell’abitato, che si appoggia ad una roccia trachitica denominata “Sa Guardia de is Pingiadas” (la guardia delle pentole) a causa della gran quantità di urne cinerarie, oltre 3000, rinvenute nel cor- so dei secoli bella località. Ai piedi di tale roccia, verso sud, un recinto quadrangolare di età punica ne include uno più piccolo di età fenicia, che indica il punto in cui sono state ritrovate le urne più arcaiche. Un recinto molto più grande, rettangolare, costituito da blocchi trachitici bugnati delimita l’intero TOFET: si tratta di un fortilizio di età punica edificato a difesa dell’area quan- do, verosimilmente nel IV sec. a.C., furono erette le for- tificazioni monumentali all’abitato. Le urne conservano ossa bruciate di bambini, talvolta di piccoli animali e qualche oggetto votivo. I resti ossei per lungo tempo sono stati attribuiti ad un rito sacrificale cruento, che prevedeva l’uccisione rituale dei primi nati, mentre oggi l’indagine osteologica testimonia che la maggior parte dei bambini cremati nel TOFET erano nati morti o deceduti per causa naturale in tenera età e che i resti animali erano una componente del rito stesso. Le urne, solita- mente deposte tra le cavità naturali della roccia, sono spesso accompagnate da stele di pietra (ad oggi se ne contano circa 1.700, conservate nei musei di Cagliari e di Sant’Antioco) recanti immagini umane, simboliche e più raramente di animali connesse al rito che si svolgeva nell’area sacra.

Acropoli

Come arrivare: L’accesso all’Acropoli si trova in via Castello, a breve distanza dalla Necropoli  di Is Pirixeddus e dal Forte Sabaudo

città di Sulki, Sant'Antioco
città di Sulki, Sant’Antioco

A nord del Forte sabaudo, sotto il declivio, si situa l’acropoli della città punica. Le sue fortificazioni poggiavano sugli affioramenti rocciosi naturali. La zona ha avuto diverse fasi d’uso che si sono susseguite tra l’età punica e quella tardo-romana. I resti più antichi sono riferibili alle fortificazioni puniche. Si può ancora vedere un tratto delle mura che difendevano l’acropoli, costruite da blocchi di ignimbrite squadrati, con la tecnica del doppio paramento. Rimane in buono stato di conservazione un tratto di muro con direzione est-ovest, dell’altezza massima di 1,50 m. La tipologia delle mura, in assenza di sicuri dati di scavo, consente di datarle al IV sec. a.C. A meridione del complesso fortificato insistono i resti di una struttura di periodo romano, interpretata come luogo di culto. La base della costruzione è composta da un basamento, conservato per una lunghezza est ovest di circa 10 m, su cui si imposta un colonnato di cui rimangono nove colonne. Questo piano è stato pavimentato in due tempi successivi: il pavimento più antico è quello visibile a sud delle colonne, del tipo detto “opus signinum”, ossia in cocciopesto frammisto a tesserine bianche; in seguito questo è stato ricoperto da uno strato di cocciopesto più scuro, conservato fra le colonne e il bordo esterno dell’edificio. Il tempio aveva la fronte ad est, in quanto ad ovest la struttura è chiusa.

NECROPOLI DI IS PIRIXEDDUS

Come arrivare: L’accesso alla necropoli si trova in via Castello, a breve distanza dall’Acropoli e dal Forte Sabaudo

La comunità punica che, nel V sec. a. C., abitava l’importante centro urbano di Sulki, l’odierna cittadina di Sant’Antioco, sito sulla costa occidentale della Sardegna, scelse di costruire la propria necropoli sui fianchi rocciosi dolcemente degradanti verso la piana, lambita dagli stagni, sede dell’insediamento civile. I sepolcri, scavati e costruiti nel morbido tufo delle alture, sono delle camere sotterranee, spesso di dimensioni rag- guardevoli, alle quali si accede percorrendo un corridoio a scalini che, aperto sul piano di campagna, scende a rampa obliqua in profondità fino a raggiungere la soglia del sepolcro, collocato in genere a circa due, tre metri dalla superficie. L’impianto necropolare sulcitano è ben noto nelle sue caratteristiche generali; analisi accurate, ne descrivono le tipologie architettoniche, le componenti dei corredi, lo svolgimento dei rituali, l’apparato scenografico e ideologico delle cerimonie funebri che vi avevano luogo.

Da alcuni anni il Comune di Sant’Antioco, la Soprintendenza per i Beni Archeologia della Sardegna, hanno attivato un programma di recupero nel settore occidentale di questo grande complesso funerario. L’area inte- ressata dal progetto di intervento si trova a immediato ridosso del colle del fortino sabaudo e sovrasta la fascia più bassa dell’impianto funerario, che ha restituito una serie di tombe di particolare interesse. Il settore è stato successivamente riconvertito in spazio scenico nel corso della fase imperiale romana di vita della città. Grazie a tale collaborazione è oggi possibile effettuare un per- corso in chiave diacronica delle diverse epoche d’uso del sito, dall’epoca punica (VI-III a.C.), a quella romana (II-IV d.C.), con tombe a fossa, alla cappuccina e in anfora, fino al riutilizzo di alcuni ipogei punici da parte dei primi Cristiani (IV-VII d.C.).

villaggio ipogeo

Come arrivare: L’accesso al Villaggio Ipogeo si trova in via Necropoli

Unica nel suo genere, l’area è costituita da una parte dell’antica necropoli punica e comprende numerose tombe ipogee scavate nel tufo tra il VI ed il III seco- lo a. C., riutilizzate come abitazioni da famiglie molto povere dalla seconda metà del XVIII sec.. In seguito al ritrovamento delle spoglie di Sant’Antioco sotto la Basilica a lui dedicata, avvenuto nel 1615, il Vescovo tentò di porre fine al lungo abbandono dell’isola dovuto alle continue incursioni dei pirati barbareschi. Così, richiamati dalle concessioni di terreni promesse dalla chiesa, furono numerose le famiglie che iniziarono una nuova vita nell’isola, seguiti da tantissime altre che pur non ottenendo niente in cambio del loro coraggioso ritorno si adattarono a questa vita fatta di miseria, povertà ed emarginazione. Nei primi decenni sicuramente si tentò un adattamento provvisorio che si trasformò poi in stabile. Nella zona conosciuta sino al 1998 con il nome di Sa arruga de is gruttas. Numerosissime le famiglie che vissero nel rione sino agli inizi degli anni ’70. Dediti da sempre alla raccolta di tutto ciò che la natura offre spontaneamente si recavano in campagna a raccoglierefunghi, cardi, carciofini selvatici, legna, e in laguna per la raccolta di bocconi, arselle ed quant’altro barattando questi prodotti in cambio di beni di prima necessità. I gruttaius, questo l’appellativo che li distingueva dagli altri abitanti di Sant’Antioco, si occupavano nel mese di maggio della raccolta delle foglie di palma nana che, fatte essiccare durante l’estate, venivano poi intrecciate abilmente. Da questa umile pianta potevano confezionare scope, borse, cordami, crine per le imbottiture ed ancor oggi sono numerosi gli anziani che si occupano della produzione di questi manufatti intrecciati.

 

CATACOMBE

catacombe romane, Sant'Antioco
catacombe romane, Sant’Antioco

Le catacombe si trovano sotto il piano pavimentale della chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Antioco Sulcitano, in Piazza Parrocchia, 22. Coordinate:  39°4’10″N 8°27’3″E

 

Tra le prime testimonianze della cristianità in Sardegna fanno certamente parte le Catacombe
di S. Antioco, sviluppatesi a partire dal III sec. Intorno alla Cripta dell’omonimo Santo, patrono dell’Isola. Con riadattamento di cinque camere ipogeiche, facenti parte della vasta area della Necropoli punica risalente al VI sec. a.C. (alcuni di questi ambienti sono ancora apprezzabili nella loro completezza e struttura originaria con la stessa visita alle Catacombe), la comunità cristiana di Sulci (nome fenicio punico dell’Isola Antiochense), creò un vero e proprio cimitero collettivo per gli aderenti alla fede professata fino alla morte dal “seguace di Cristo” Antioco. Quest’ultimo, “medico dei corpi e delle anime” originario della Mauritania (in periodo romano tutto il settentrione africano), sarebbe stato deportato, a cavallo tra il I e II sec. d.C., come schiavo, ribelle alle leggi pagane dell’Impero, nell’Isola Sulcitana; in questa terra, con la sua incessante predicazione, avrebbe fondato la prima comunità cristiana della zona. Dopo la morte del martire, fissata dalla tradizione nel 127, il suo corpo venne de deposto nel sarcofago-altare
oggi all’ingresso delle Catacombe, e ivi conservato sino al 18 marzo 1615: durante tale periodo la Cripta manterrà la primitiva funzione di area culturale. Anche se in condizioni di progressivo disfacimento, le Catacombe di S. Antioco conservano tutt’oggi elementi molto importanti, tali da far risaltare il luogo a capo di tutti i complessi cimiteriali della Sardegna. Vanno a proposito ricordate le pitture murali, pregevoli seppure nella loro frammentarietà:
la figura del “Buon Pastore”, rappresentazione di Gesù nel ruolo di guida e maestro; una iscrizione funeraria che suonava “IN PACE VIBAS“, oggi decifrabili nelle ultime lettere; ed ancora raffigurazioni animali e floreali, tipiche della iconografia cristiana. Tali pitture interessano sostanzialmente le tombe cosiddette ad arcosolio, le più importanti e caratteristiche sepolture di questo complesso, che prendono il nome della forma appunto ad arco. Non di minore importanza la tomba a baldacchino costruita nella camera dove la tradizione vede spirare S. Antioco. E poi le diverse sepolture sotterranee, i loculi e le sovrapposizioni in cassoni d’arenaria, che contribuirono, già in periodo paleocristiano, alla distruzione degli affreschi.

Fonte: Comune di sant’Antioco – guida a Monumenti Aperti

https://comune.santantioco.su.it/wp-content/uploads/2024/04/M_aperti-SantAntioco-web.pdf

Monumenti aperti

 

 

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