Crabas – Cabras: ipogeo di San Salvatore

 

Ipogeo di San Salvatore, Cabras

 

Dal 1° novembre 2023:

Aperto il sabato e la domenica

Orari: 10,00-13,30 / 14,00-16,30

Ingressi contingentati: max 7 persone alla volta

Per info e prenotazioni: 379 1700454

 

   

La chiesetta soprasuolo è relativamente moderna e non presenta niente d’interessante. Ai sotterranei s’accede mediante una gradinatasvolgentesi in uno stretto passaggio coperto da un voltino a botte.

In quell’andito sono aperte due porte, una di fronte all’altra, per le quali si perviene a due camere rettangolari di m. 4,30 x 3,26 ciascuna, coperte ancora esse con volte a botte.

Lo stretto passaggio fa capo ad un vano circolare, coperto da volta a bacino ed illuminato dall’alto, che costituisce il nucleo centrale delle catacombe, comunicando esso con altre due camere laterali terminate da absidi e con altra circolare, che è l’ultima dell’edificio sotterraneo. Si ha una disposizione planimetrica, che ricorda i più antichi edifici cristiani: la struttura è prettamente romana con muratura di laterizi opportunamente collegata con altra di pietrame informe.

Le pareti delle diverse camere sono intonacate a stucco lucido, conservante tutt’ora traccia di antiche pitture. Più che pitture sono schizzi, figure eseguite a caso, alcune abilmente, altre con tecnica ed arti infantili. In una parte di una camera absidale sono traccie di un gruppo interessantissimo rappresentante una lotta fra un leone ed un uomo dalle forme erculee.

Nelle altre pareti e nell’abside della stessa camere sono schizzate alcune navi, due leoni, un Eros e diverse figure di donne delineate con maestria dal tipo classicamente pagano. Esse vennero eseguite al di là di qualunque preoccupazione mistica e sono di gentile arte, piene di grazia voluttuosa e di vita. Una di esse dalle linee formose, che rievoca la Venus Genitrix, solleva con un mano i veli che le coprono i turgidi seni e le belle forme. Fra questi schizzi e queste figure di donne ricorre spesso il monogramma RI e sono intercalate frasi scritte in greco corsivo, la di cui esatta interpretazione potrà portare non lieve luce sulle origini di queste forme pittoriche. Non un simbolo cristiano, non il monogramma di Cristo che attestino la fede di chi rese nelle pareti, con decise linee, figure voluttuose di belle donne.

D’altra parte l’icnografia dei sotterranei segue la disposizione delle prime chiesette laterali e della camera terminale. E vero che nelle costruzioni cimiteriali più antiche le tetre muraglie coprivansi di scene tratte dalla vita reale e molto spesso dalla mitologia pagana tanto che nelle catacombe di Priscilla e di Domitilla, nelle quali meglio che altrove si possono studiare le origini della pittura primitiva cristiana, questa è stranamente impregnata di paganesimo; ma se la tradizione è pagana, nell’antica forma l’arte si penetra di spirito cristiano. Qui no, forma e spirito sono schiettamente inspirate al paganesimo più libero e più licenzioso.

Queste contraddizioni non permettono ora di poter dare un sicuro giudizio su questo interessantissimo monumento: forse l’ipotesi che più concilia queste forme cozzanti fra loro è quella dell’origine pagana dei sotterranei, costruiti ed usati come carceri e poscia serviti come rifugio nei primi tempi del cristianesimo. Con ciò si spiegherebbero la disposizione a celle, poste sotto il livello del suolo e gli schizzi delineati da qualche artista, che nel tedio della prigionia volle rievocare senza una direttiva pittorica immagini impure e dar forma d’arte a sogni libertini.

Qualunque sia l’origine di queste, che vengono chiamate catacombe, è certo che esse furono nei primi secoli, forse nel IV secolo, adibite al culto cristiano. Non ritengo la costruzione cimiteriale, mancando qualsiasi indizio di loculo o di pittura funeraria.

Nel nuleo centrale vi è un pozzo, poco profondo, in cui è perenne una fresca lama d’acqua. Questo può spiegare la destinazione che dai primi cristiani venne data a questi sotterranei, qualunque sia la loro origine. A mio parere essi dovettero servire di battistero in tempi di persecuzione. Infatti non è spiegabile con l’ordinario uso degli edifici di culto la presenza del pozzo nella parte centrale della chiesa sotterranea.

Inoltre la poca profondità del fondo, la presenza ininterrotta di una fresca lama d’acqua e le tracce di alcuni fori, per cui mediante tavole potevano i convertiti scender giù nell’acqua, rendono attendibile questa destinazione, la quale ha molti riscontri e molte analogie colle prime forme battisteriali.

Ai primi tempi del cristianesimo non aveasi altri battisteri che le rive dei fiumi e le fontane. Ancor oggi nella prigione Mamertina a Roma esiste il pozzo miracoloso, in cui, secondo un’antica tradizione, S. Pietro e S. Paolo battezzarono i loro guardiani, in alcuni battisteri primitivi l’acqua era fornita da pozzi come nelle catacombe di S. Elena o da sorgenti naturali come in quelle di Priscilla e di Callisto. Fu solo colla cessazione delle persecuzioni al tempo di Costantino che si cominciò a costruire battisteri sub divo, edifici speciali, che nondifferivano dalle chiese propriamente dette se non per la loro destinazione…

 

…Per la conservazione dell’edificio ipogeico fu provvidenziale l’intervento fra il 1935 ed il 1938 della Soprintendenza alle opere d’arte e antichità della Sardegna retta da Doro Levi. Il Levi, mosso dalla “singolarità dell’edificio e dalla presenza in esso degli unici resti di pitture antiche in Sardegna”, fece isolare l’area dell’ipogeo mediante uno strato di cemento armato, onde impedire il filtramento delle acque piovane.

Il restauratore fiorentino G. Fiscali operò la rimozione dello strato di salnitro dalle pareti ed il consolidamento delle figure e delle iscrizioni parietali, studiate nella primavera del 1938 da Matteo Della Corte.

Gli eventi bellici della seconda guerra mondiale impedirono al Levi di curare con tempestività l’edizione scientifica del complesso archeologico, che avvenne nel 1949 con la pubblicazione dell’Ipogeo ‘Ipogeo di San Salvatore di Cabras in Sardegna” (Roma-Edizioni La Libreria dello Stato).

Nel volume Doro Levi individuava nell’ipogeo un santuario pagano di Eracle Sotèr (Salvatore), incentrato sul culto delle acque, edificato in età dioclezianea o costantiniana (fine III secolo d.C.-inizi IV secolo d.C.).

Nuovi lavori di restauro e di scavo si sono resi indispensabili nel 1973-1977, sotto la direzione del Soprintendente Ferruccio Barreca e con la collaborazione di Ughetta Martin Wedar. Lo studioso diede conto dei nuovi interventi nell’opera miscellanea I Sardi (1981).

L’indagine stratigrafica nei vari ambienti dell’ipogeo aveva consentito di documentare il primitivo uso cultuale nuragico, persistito in età punica e romana sino alla ristrutturazione dell’edificio in epoca costantiniana.

A confermare l’antichità dell’insendiamento umano nel territorio di San Salvatore è intervenuta la scoperta di una statuetta di Dea Madre in marmo riferibile alla cultura di Abealzu-Filigosa (Eneolitico iniziale: 2700-2400 a.C.), studiata da Enrico Atzeni.

L’ipogeo ha, finalmente, ricevuto una nuova campagna di rilevamento geografico e fotografico e di studio epigrafico a cura dell’Istituto di Storia antica dell’Università di Bologna nel settembre 1985(G. Susini;  A. Donati; F. Cenerini; C. Cencetti), con l’intervento di G. Sotgiu dell’Università di Cagliri e di A. Mastino dell’Università di Sassari.

Nel 1988-1989 l’Istituto Centrale per il restauro del Ministero per i Beni Culturali e Ambientalii (A. Mellucco Vaccaro; C. Meucci) ha effettuato due campagne d’intervento nella prospettiva di un ulteriore restauro per la conservazione dello straordinario edificio.

L’area circostante il centro religioso di San Salvator è stata interessata da ricerche topografiche (G. Stefani, G. Pinna, R. Zucca) e da scavi della Soprintendenza Archeologica nelle terme di Domu ‘e Cubas, in collaborazione con 1’ENFAP di Oristano (Corso professionale per Direttori Archeologici).

Testo tratto da: “L’ipogeo di San Salvatore”, di A. Donati R. Zucca

 

error: Content is protected !!