Altzaghèna – Arzachena: nuraghe Albucciu

 

 

Nuraghe Albucciu, Arzachena

 

Ge.Se.Co Arzachena Surl

3457200094

https://www.gesecoarzachena.it/

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Come arrivare:

Da Olbia si prende per Santa Teresa di Gallura e si prosegue fino ad arrivare a circa 600 metri da Arzachena. L’area archeologica è segnalata da un cartello stradale in prossimità del parcheggio. Il nuraghe si raggiunge attraverso il sottopassaggio.  Coordinate:  41°4’4″N 9°24’34″E

Ubicato sul margine occidentale della piana di Arzachena, il nuraghe Albucciu è posto a poche decine di metri dalla strada Olbia-Palau, 2,300 Km a SE dell’abitato di Arzachena, in località Malchittu.

La costruzione si erge, addossata alla roccia contro la quale si mimetizza, con ampia visuale sulla pianura circostante, ad abbracciare dai monti di S. Pantaleo a Sud-Est alle alture che gradualmente si innalzano dai monti di Luogosanto, a Ovest, sino a culminare, sul fondo a Sud-Ovest, nel massiccio del Limbara.

La formazione granitica alla quale si addossa il monumento nuragico occupa una leggera sopraelevazione del terreno, con orientamento conseguentemente la sua forma.

La fortezza ha un impianto sub ettangolare con angoli arrotondati ed il massimo sviluppo della costruzione si ha lungo il lato Est, ove è anche aperto l’ingresso. La roccia naturale, che costituisce, come si è detto, il supporto di base di tutto l’edificio, ha sostituito in molti casi le strutture murarie, divenendo struttura anch’essa, e conferendo all’insieme un aspetto massiccio pur nella complessa articolazione dei vani. Si tratta pertanto di una di quelle costruzioni che vengono denominate come si è detto, “nuraghi a corridoio” e che sono tanto frequenti in Gallura.

L’opera muraria è in granito ed impiega blocchi di dimensioni medie e grandi non rifiniti a scalpello; tracce di lavorazione mostrano invece l’architrave ed i mensoloni. II piano del terrazzo è pavimentato con l’impiego di ciottoli fluviali raccolti, con ogni probabilità, lungo le vicine rive del rio Bucchilalgu.

La lunga facciata del nuraghe, ad andamento rettilineo con angoli arrotondati, è scandita, quasi al centro, da otto mensoloni sporgenti sul filo della muratura, quanto resta di una serie certamente più numerosa ora andata distrutta, che coronava la sommità dell’edificio e che aveva lo scopo di ostacolare la scalata alla fortezza dall’esterno.

Una balaustra di legno doveva ergersi sopra le mensole, forse anche piuttosto alta, con la doppia funzione di offrire riparo ai difensori del nuraghe e di proteggerli dai rischi di una caduta dall’alto del terrazzo. Di questa balaustra si è rilevata traccia nei grossi grumi di argilla con impronta di rami rinvenuti negli scavi alla base del monumento, e lungo il margine del terrazzo, dove erano caduti quando l’azione del tempo aveva distrutto il supporto ligneo e frammentato l’intonaco che lo ricopriva.

Al centro della facciata e decentrato rispetto alle mensole, si apre l’ingresso al nuraghe, con luce rettangolare, architravato, e sopraelevato di due gradini rispetto al piano di campagna. È volto ad Est ed I immette in un breve andito c. Quest’ultimo ha pianta trapezoidale e copertura formata da due lastroni orizzontali distanziati tra loro. Subito oltre la soglia dell’ingresso, aperte nelle spalle murarie ed affiancate all’architrave, sono due nicchiette, una per parte, che dovevano ospitare gli estremi di un tronco che aveva la funzione di tener salda la porta d’ingresso una volta che questa fosse stata incastrata, in basso, in una sede formata da un incavo che corre nel pavimento parallelo alla soglia. La porta, poi, presumibilmente in legno, doveva venir sospesa ad una corda che, passando attraverso un condotto rettangolare che attraversa tutto lo spessore del soffitto, era fissata in alto, sulla sommità del terrazzo. Un simile accorgimento ne permetteva una più agevole manovrabilità all’atto dell’apertura e della chiusura anche in considerazione del notevole peso che essa doveva avere per opporre una valida resistenza a chi tentasse di forzarla.

Sul fondo dell’andito, dove esso ha la massima larghezza, si notano, affrontati, gli ingressi a due vani: sulla destra, ampio e comodo, quello della camera a; sulla sinistra, basso e stretto, quello del corridoio e.

In questo punto il soffitto dell’andito, da gradonato quale era nel primo tratto, lascia il posto ad una pseudocupola molto bassa per riprendere, poi, a gradonata ascendente in corrispondenza della scala che, senza soluzione di continuità, ha inizio alla fine dell’andito, coassiale alla porta d’ingresso.

La camera a doveva costituire, tra i vani al livello del piano di campagna, quello nel quale era possibile soggiornare, sia pure temporaneamente, date le sue maggiori dimensioni sia in piano sia in alzato. Ha pianta ellittica e le pareti, benché aggettanti, non si chiudono a formare una falsa cupola: un grande lastrone interrompe bruscamentela curva del muro e chiude la sommità del vano.

Coassiale all’ingresso della camera a si apre, con una porta sormontata da una sottile lastra che funge da architrave che delimita in basso un ampio tineslrino di scarico di forma trapezoidale, la nicchia b, anch’essa a pianta ellittica. Le pareti della nicchia sono state impostate direttamente sulla roccia naturale che emerge in più punti; la a falsa cupola. Il piano di pavimento è più basso rispetto a quello di a per consentire un più agevole passaggio attraverso una porticina rettangolare ricavata scalpellinando opportunamente una apertura naturale della roccia. Essa introduce in un basso corridoio, percorribile stando carponi e che consentiva, a chi avesse voluto uscire dal nuraghe, di sbucare sulla fiancata settentrionale del monumento, sotto due massi naturali affiancati. Il corridoio è ricavato sfruttando un cunicolo naturale che presenta il tratto più prossimo alla porta pavimentato da un acciottolato, mentre per il resto è risparmiato nella viva roccia.

Sulla spalla sinistra dell’andito d’ingresso c, come si è detto, si apre il vano e costituito da un lungo, basso e stretto corridoio ad andamento curvilineo. La porta d’accesso è architravata, di luce trapezoidale, resa scomoda perché parzialmente occupata dal primo gradino della scala.

Sulla destra, all’altezza dell’architrave, è una nicchietta, forse per deporvi oggetti di immediata necessità o una lucerna che illuminasse l’andito d’ingresso. Tutta la fiancata destra del corridoio è risparmiata nella roccia la quale ha, evidentemente, condizionato la forma del vano.

La copertura è costituita da dieci lastroni affiancati posti a piattabanda; il pavimento è formato da un lastricato di piccole pietre. La ridotta altezza del cunicolo (I I 1,50 nel punto massimo) non consente, a chi lo percorre, la posizione eretta: non è improbabile, pertanto, chedovesse essere utilizzato quale deposito per attrezzi o derrate.

Senza soluzione di continuità rispetto all’andito di ingresso si ha, coassiale alla porta del monumento, I’inizio della scala d che, artico lata in due rampe intervallate da un pianerottolo, porta al terrazzo.

La prima di queste due rampe è coperta da lastroni piattabandati disposti, come si è detto, a g: adonata ascendente; la seconda non dovette forse essere mai coperta, come probabilmente non doveva esserlo, o esserlo solo parzialmente, il pianerottolo.

La parete che delimita a sinistra la prima rampa della scala si prolunga oltre il pianerottolo fino ad incontrare ad angolo retto il paramento esterno della camera n, nel punto in cui si apre la porta d’accesso alla camera stessa ed alla quale si giungeva direttamente dal terrazzo mediante una scala in legno ubicata nel cortiletto m. Quest’ultimo doveva avere la funzione di consentire l’areazione e l’illuminazione della camera n.

È questo l’ambiente più grande di tutta la costruzione, ove era possibile soggiornare con una certa comodità e dove, con ogni probabilità, era possibile trascorrere la notte anche ad un numero consistente di persone.

Ha pianta subcircolare con spesse murature in grandi blocchi di granito. Tutta la parete Ovest è risparmiata nella roccia naturale e su questa si eleva quanto resta dei filari che, restringendosi ad aggetto, dovevano formare la copertura del vano. Un piccolo armadietto si apre nella parete Est mentre in quella Sud è un’apertura a sguincio, bifora, sormontata all’interno da un architrave; essa doveva assicurare il ricambio dell’aria all’interno del vano e contribuire alla sua illuminazione.

Il pavimento è un acciottolato che in alcuni punti pareggia la roccia naturale emergente. Un breve sedile lungo il lato Est è stato costruito in funzione del focolare, al centro della camera, nel semicerchio formato da due spuntoni granitici naturali.

La camera n doveva in origine elevarsi notevolmente sul livello del terrazzo occupando, così, un ampio volume interno che era poi diviso in due piani da un soppalco in legno che occupava tutta l’area della camera stessa. Probabilmente il collegamento tra la parte superiore e quella inferiore veniva assicurato da una scala lignea che dal pavimento giungeva ad una botola aperta nel soppalco. È facile che anche dal terrazzo si potesse accedere a questa seconda camera attraverso una qualche porta di cui però non resta alcuna traccia. L’esistenza del soppalco è provata dalla grandissima quantità di grumi d’argilla con impronte di rami che si rinvennero particolarmente numerosi nello strato 5 e che vi si accumularono quando, per ragioni a noi sconosciute, esso crollò e, con esso, l’intonaco che lo ricopriva.

Strato 1: crollo delle strutture della parte alta della camera. Le moltissime pietre che lo componevano non erano uguali per peso e grandezza ma andavano ingrandendosi man mano che si giungeva verso il basso. La sommità del crollo era costituita di lastre e lastrine granitiche.

Strato 2: strato culturale corrispondente all’ultimo momento di vita della costruzione. Lungo la parete Ovest e nell’angolo Nordovest si rinvennero ancora “in situ” un ciotolone carenato con impresso sul fondo un cerchiello ad “occhio di dado”, un vaso “a bollilatte” ed una olletta con orlo ingrossato a cordone. Questo strato si è formato dopo un abbandono temporaneo della costruzione.

Strato 3: strato sterile corrispondente al periodo di abbandono del nuraghe.

Strato 4: strato culturale. Molto ricco di ceramiche tra le quali si ricordano ollette con alto collo distinto, ciotole carenate con anse a gomito rovescio, alti piedi di vasi a fruttiera, tegami e, tra questi, alcuni con decorazione impressa a pettine, forse per la cottura delle focacce. Numerosi i pesi per fuso, biconici o cilindrici e, di particolare interesse ai fini della cronologia, un pugnaletto votivo in bronzo con elsa gammata decorato sulla lama da incisioni a spina di pesce nonché tre perline in pasta vitrea verde chiaro. Sono presenti alcuni grumi di intonaco con impronte straminee.

Strato 5: strato culturale. È caratterizzato dalla presenza di due focolari, uno al centro della camera ed uno sotto l’armadietto della parete Est. Numerose le ceramiche che non si diversificano, per altri tipi e forme, da quelle dellostrato precedente. Numerosissimi i grumi di intonaco.

Strato 6 strato culturale. È questo il più ricco di manufatti ceramici e litici e corrisponde al primo momento di vitanella costruzione. Numerosi sono i vasi a bollitoio, taluni con il coperchio formato da un disco fittile forato al centro, le olle con orlo ingrossato a cordone, le ciotole con o senza carena, i tegami alcuni dei quali con impressione a pettine, i pesi da fuso. Di particolare interesse una spiana che reca impressa, su una faccia, l’impronta del fondo di un canestro. Tra i reperti liti i numerosi pestelli e macinelli, una accetta in scisto e, particolarmente frequenti, pezzi di pietra pomice solcati da profonde incisioni lasciate, persfregamento, durante l’affilatura, lame di bronzo. Si interrompe il focolare sotto l’armadietto ma continua il grande focolare centrale ai margini del quale erano numerose ghiande carbonizzate.

Strato 7: Numerosi frammenti ceramici erano presenti fra la terra dell’acciottolato pavimentale, alcuni infiltratisi, per calpestio, dallo strato 6, altri probabilmente contenuti nellamalta di fango che lega le pietre del pavimento.

L’ampio terrazzo che si stende su tutta la costruzione, oltre a raccordare tra loro i vani che su esso si aprivano, aveva anche la funzione di consentire un facile movimento di uomini qualora si rendesse necessaria una difesa del monumento.

Tutta la fascia che corre parallela al limite della costruzione è pavimentata, come si è detto, da un acciottolato e su di essa si aprono i vanl costruiti sul terrazzo; solo al centro è risparmiata un’area subcircolare delimitata da un filare di pietre, dove dovettero certamente svolgersi alcune attività, dato l’altissimo numero di reperti ceramici qui rinvenuti.

Il versante Ovest della costruzione è costituito quasi tutto dalla viva roccia ma, nell’angolo Nordovest si erge una torre, la cui camera superiore p si apre sullo spalto, verso Sud. Questo vano funge da disimpegno anche per altri due ambienti, due scale con andamento opposto di cui la prima discendente, a tratti costituita dalla viva roccia, verso il centro della costruzione per sbucare in un finestrino che si apre, a Nord, dove la muratura si addossa alle formazioni naturali.

La seconda invece è una ripida ma bene articolata rampa che corre ad Ovest nello spessore murario e che porta ad un piccolo ambiente ora parzialmente crollato.

A Nord del terrazzo si erge un corpo rettangolare che racchiude una cameretta q a pianta ellittica e con forte aggetto delle pareti; l’ingresso, leggermente sopraelevato sul piano del terrazzo, si apre su un ambiente circolare o, in diretta comunicazione con il terrazzo. Il vano q doveva essere coperto e su di esso doveva ergersi un terrazzo raggiungibile da una scaletta (residuano ora solo tre gradini) visibile lungo il lato Est di questo corpo rettangolare. Pertanto, quando il nuraghe era in uso, sopra il piano del terrazzo dovevano sorgere tre corpi di fabbrica: verso Sud la torre n con la sua camera superiore, verso Ovest la torre p e verso Nord la struttura terrazzata del vano q.

In corrispondenza al tratto di terrazzo che è coronato dalle mensole, durante l’ultimo conflitto mondiale, venne ricavata una piazzola per mitragliatrice che ha alterato profondamente la situazione originaria.

Ciò nonostante, nel suo complesso, il nuraghe Albucciu consente una buona lettura delle sue parti strutturali e buone possibilità di interpretarequello che il tempo ha irrimediabilmente distrutto.

Si è già detto che il nuraghe Albucciu, per le sue caratteristiche struttive, non rientra nei canoni “classici” di quelle costruzioni che vanno sotto il nome di nuraghi e che sono caratterizzate da torri troncoconichecon vani sovrapposti, spesso variamente aggregate tra loro. Nell’Albucciu la distribuzione degli spazi interni avviene lungo direttrici orizzontali, con il risultato che tutto l’insieme si presenta basso e tozzo e che neppure le torri che dovevano in antico emergere dal piano del terrazzo ne accrescevano lo slancio. Significativa è anche la presenza dei corridoi i quali acquistano la valenza di veri e propri vani di disimpegno.

Ma sebbene questo monumento possa a ragione inquadrarsi nella classe dei nuraghi a corridoio, la “tholos”, anche se abnorme per non essere completamente svolta, denuncia esperienze costruttive perfettamente assimilate perché note da lungo tempo. Benché alcune caratteristiche strutturali, quali la copertura a piattabanda degli spazi, sembrerebbero indizio di arcaismo, pure non si deve dimenticare che la natura stessa del granito, con facce di frattura ortogonali, consentiva l’impiego di tecniche non sempre ottenibili con altri tipi di pietra e che tali tecniche possono essere state utilizzate anche per un lasso di tempo molto lungo.

Una contemporaneità cronologica tra alcuni nuraghi “a tholos” e, quanto meno, il nuraghe Albucciu, è provata dalle caratteristiche comuni dei reperti rinvenuti negli scavi.

Albucciu planimetria
Nuraghe Albucciu: planimetria allo svettamento (in alto) e al pianoterra
(in basso)

Testo e illustrazione tratti da “il Nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena”, di Angela Antona Ruju – Maria Luisa Ferrarese Ceruti

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