Casteddu Sardu – Castelsardo: nuraghe Paddaggiu o Paddaju

 

 

 

 

Nuraghe Paddaggiu o Paddaju, Castelsardo

    

Il nuraghe Paddaggiu, a lungo erroneamente indicato come “Su Tesoro” e recentemente anche come “L’Eni” o “Paddaggiu-L’Eni”, è un nuraghe complesso; il bastione aggiunto, in realtà, è di articolazione abbastanza modesta e ciò che in realtà spicca, in questo edificio, è lo stato di conservazione della torre principale, straordinario almeno per questo territorio. Il bastione è costituito da due torri laterali, a ovest e a est, raccordate da un sottile muro di rifascio sul retroprospetto, mentre nella parte frontale si hanno solo poche tracce di una cortina di spessore maggiore; entrambe le torri sono notevolmente distrutte, al punto che guardando il nuraghe da una certa distanza si ricava la netta impressione di trovarsi dinanzi ad un semplice nuraghe monotorre. Sul lato orientale era anche presente un antemurale, o forse un muro di contenimento, che includeva il bastione e l’area del villaggio di capanne che si estendeva a nord di quest’ultimo; ne residua un tratto di 27 m di lunghezza.

 

La torre principale conserva ancora intatta la tholos della camera interna; misura m II di diametro e m 8,50 di altezza residua; vi si accede da un ingresso piuttosto interrato, volto a sud-est, che introduce in un andito coperto a lastre trasversali. A destra del corridoio abbiamo la consueta nicchia d’andito, mentre a sinistra si diparte il vano della scala percorribile ancora oggi sino alla sommità del rudere. La camera, circolare, ha un diametro di m 4,30 e un’altezza sull’attuale piano di interramento di m 5,10 su 14 filari di pietre; vi si aprono tre nicchie disposte nel classico schema cruciforme. A una certa altezza dal suolo si aprivano alcuni interstizi risparmiati fra le pietre, che potevano anche essere stati utilizzati per l’alloggiamento di travi destinate a sorreggere un ballatoio di legno, in modo da sfruttare anche la parte superiore dell’alta camera a tholos. Dalla nicchia di destra si dipartiva una scaletta sussidiaria (oggi obliterata dai crolli) che conduceva ad un ampio vano reniforme (m 5 × 2 × 2,40) ubicato al di sopra del corridoio di ingresso; era illuminato da due feritoie e da un finestrino rettangolare; comunicava con l’andito e con il primo tratto del vano della scala rispettivamente con un canale risparmiato nelle murature (impropriamente definito «piombatoio») e con una stretta botola.

Il piccolo villaggio di capanne circolari (se ne osserva chiaramente una di m 6 di diametro), a nord del nuraghe, si estendeva con ogni probabilità anche oltre l’attuale trincea della vecchia strada provinciale per Santa Teresa di Gallura; ebbe un’importante fase di occupazione in epoca romana, co-me testimoniato dalle abbondanti ceramiche che vi si rinvengono, coprenti un arco cronologico che va dal II secolo a.C. ad almeno il IV secolo d.C., ma anche dalla evidente sovrapposizione di edifici a pianta quadrangolare sulle precedenti capanne circolari.

FONTE: Paolo Melis – Preistoria e protostoria nel territorio di Castelsardo

 

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