Turràlva – Torralba: area archeologica di Su Crastu Covaccadu

 

Tomba dei giganti Su Crastu Covaccadu, Torralba

 

Autrice: Lavinia Foddai

 

Segnalata nel 1940 dal Taramelli (A. TARAMELLI, Edizione della Carta Archeologica del Foglio 193 (Bonorva), Firenze 1940, pag. 54, n° 35), la tomba di giganti di Su Crastu Covaccadu è situata nella piana di Paule S’Iscudu sulla linea di confine dei territori comunali di Torralba e Bonorva (Rif. IGM: Foglio 193, II, NE – 40°29’08” lat. Nord; 3°37’03”long. Ovest da M. Mario). In direzione SO, alla distanza di circa 30 metri, sorge l’omonimo dolmen, mentre 200 metri a Nord si erge il Nuraghe Frusciosu col quale, probabilmente, la tomba era in relazione. Il monumento, ubicato in prossimità della linea di contatto tra la formazione geologica dei basalti e quella dei calcari miocenici, presenta la particolarità di essere costruito con entrambi i tipi di roccia: il basalto per il corpo tombale e l’esedra, il calcare per la “stele”. Anche questa sepoltura è stata in gran parte demolita per la costruzione di muri a secco di recinzione (molti massi sono inglobati in un muretto che la taglia trasversalmente) e sconvolta dai cercatori clandestini che hanno effettuato scavi nell’esedra, spostando e rovesciando gli ortostati, e nel vano tombale

Attualmente sono rilevabili soltanto pochi blocchi appartenenti alle fiancate esterne e alla chiusura absidata del corpo tombale, un tratto del corridoio funerario, parte dell’ala sinistra dell’esedra e la “stele”. La tomba, volta ad Est, è costituita da un corpo absidato (lungh. m. 13 circa dall’abside alla “stele”; largh. m.6,00 all’innesto con le ali dell’esedra) del quale si conservano quattro massi ancora in situ appartenenti alle fiancate settentrionale e meridionale; tre blocchi dell’abside risultano spostati dalla posizione originaria. Il corridoio funerario appare oggi quasi totalmente riempito dal materiale di crollo e dall’interramento; lo scavo clandestino ne ha messo in luce un breve tratto della parete sinistra (lungh. m. 2,50; alt. m. 0,90 sul riempimento) costituito da massi disposti a filari con l’ausilio di zeppe di rincalzo. Questo vano funerario, come accade in numerose altre tombe della stessa tipologia, si restringe in prossimità della “stele” a formare un breve “andito” (largh. m. 0,40; lungh. m. 0,50) delimitato da due blocchi lavorati (m. 0,50 x m. 0,25 x m. 0,10). L’esedra (m. 5,60 di arco che sottende una corda di m. 5,40 e una freccia di m. 0,45) conserva soltanto parte della facciata anteriore dell’ala sinistra, costituita da sei lastre ortostatiche oggi inclinate in avanti. Un altro lastrone (il secondo dell’allineamento originario) è rovesciato davanti alla “stele”. Dell’ala destra restano due ortostati poggiati al suolo mentre altri tre sono inglobati nel muro a secco. La “stele” trapezoidale (largh. m. 2,10; spess. m. 0,35/0,45; alt. m. 3,60) è ricavata da un’unica lastra di calcare tratta, probabilmente, dalla vicina formazione di Punta Cuguttada. Una profonda spaccatura, apertasi all’altezza del portello, ne sta causando il cedimento e il rovesciamento. Il possente monolite conserva, sebbene rovinato dall’erosione, lo spartito centinato costituito dalla lunetta superiore (largh. max. m. 1,30; alt. m. 1,23) e da un riquadro inferiore (largh. m. 1,55; alt. m. 1,65) marginati da cornici in rilievo e separati da listello orizzontale (alt. m. 0,28). Quest’ultimo presenta al centro una piccola scanalatura (largh. m. 0,07; lungh. m. 0,10). Le cornici, a rilievo piatto, hanno larghezza maggiore nel lato destro e alla base (m. 0,34/m. 0,40) del riquadro inferiore al centro del quale si apre il portello ricurvo (largh. m. 0,55; alt. m. 0,50 sull’interramento) con risega per il miglior fissaggio dello sportello di chiusura. La “stele” della tomba di giganti di Su Crastu Covaccadu trova confronto, sia per il tipo di partitura centinata che per dimensioni, in altre “stele” di tombe dell’Isola quali, ad esempio, la “stele” della tomba di Sa Pedra Longa, Uri – Sassari e di Li Longhi, Arzachena, alte rispettivamente m. 3,60 e m. 3,75 (E. CONTU, Il significato della “stele” nelle tombe di giganti, in Quaderni SS-NU, 8, Sassari 1978, p. 79, nota 58, Tav. I, 3; Tav. II, 1).

Dolmen Su Crastu Covaccadu

Noto anche come Sa Pedra Tavaccada (A. TARAMELLI, Edizione Archeologica della Carta d’Italia al 100.000, Foglio 193 (Bonorva), Firenze, 1940, pag. 54, n°36) il dolmen sorge, su un affioramento di basalto, nella piana di Paule S’Iscudu che si estende tra la formazione calcarea di Punta Cuguttada, a Nord, e quella di Cujari a Sud (Foglio 193, II, NE – 40°29’08” lat. Nord; 3°37’03” long. Ovest da M. Mario). E’ questa un’area di particolare interesse archeologico per la presenza della tomba di giganti omonima e dei nuraghi Frusciosu, Nieddu e Cujari. Purtroppo, come accade per la maggior parte dei monumenti siti in questo territorio, il dolmen è stato in parte demolito e il suo materiale frantumato e riutilizzato per la costruzione di un muro di recinzione. Della sepoltura si conservano parzialmente la parete sinistra, quella di fondo e il tratto iniziale di quella destra sulle quali poggia il possente lastrone di copertura. Altri tre massi appartenenti al lato destro sono rovesciati sul piano di campagna.La tomba, volta a SE e realizzata con massi cavati dall’affioramento, aveva probabilmente pianta rettangolare (lungh. m. 2,70; largh. m. 1,30; alt. m. 1,55). La parete sinistra ed il tratto iniziale di quella destra sono costruite, direttamente sul piano roccioso, con grossi blocchi poligonali (quattro a sinistra, uno a destra) privi di lavorazione ai quali si sovrappongono, con l’ausilio di zeppe di rincalzo, pietre di minori dimensioni; il lato fondale è chiuso da un unico ortostato rettangolare (lungh. m. 1,07; alt. m. 0,87 sull’interramento; spess. m. 0,30) sormontato da due massi .Difficile dire se si tratti delle strutture murarie originarie o, con buona probabilità, del frutto di un successivo rifacimento. Il vano funerario è coperto da un unico grande lastrone di forma sub-trapezoidale (lungh. max. m. 3,50; largh. m. 2,40; spess. m. 0,25/0,30) il cui piano di posa è regolarizzato da alcune zeppe. Esso presenta nella facciata superiore, in prossimità del lato destro (NE), delle incisioni di difficile interpretazione: una di queste, lunga m. 0,50 e profonda m. 0,01, è tagliata trasversalmente, in modo irregolare, da altre cinque di minori dimensioni.Il D’Arragon, in un recente lavoro, classifica il motivo rappresentato dall’incisione come “arboriforme” o “doppio pettiforme” o ancora come una “figura zoomorfa schematica raddoppiata” (B. D’ARRAGON, Presenza di elementi cultuali sui monumenti dolmenici, in RSP, 1994, XLVI, pp.56-57, Fig. 4 a-b). Sul masso sono presenti inoltre delle cavità; una di esse, situata in prossimità del lato NO, ha forma irregolare (lungh. m. 0,45; largh. m. 0,26; prof. m. 0,05) ed è associata a una canaletta (lungh. m. 0,49; largh. max. 0,06; prof. max. m. 0,04) che sfoccia in prossimità dell’angolo Nord del lastrone. Sempre il D’Arragon considera tale cavità come “vaschetta rituale adibita a contenere liquidi versati in riti di libagioni o doni materiali offerti alle divinità” (ID.,pag.48). Lo schema planimetrico di questa sepoltura è simile a quello del dolmen di Maone-Benetutti (D. MACKENZIE, The Dolmens, Tombs of the Giants, and Nuraghi of Sardinia, in “Papers of the British School at Rome”, V, pag. 103, fig. 5).

 

http://paolomelis.altervista.org/NBAS5Notiziario.pdf

 

error: Content is protected !!