Altzaghèna – Arzachena: tomba dei giganti Moru

 

Tomba dei giganti Moru, Arzachena

 

Ge.Se.Co Arzachena Surl  

3457200094

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Come arrivare: 

Da Olbia si prende per Santa Teresa di Gallura e si prosegue fino ad arrivare a circa 600 metri da Arzachena. Si lascia la macchina nel parcheggio dell’Albucciu e si torna indietro a piedi fino al cancelletto dell’area della tomba dei giganti. Coordinate:  41°4’8″N 9°24’43″E

 

La tomba di Moru costituisce il monumento sepolcrale pertinente al nuraghe Albucciu, dal quale dista circa 80 metri a Nordest. Le notizie date da Michele Ruzittu, che indicava l’esistenza nella zona di una tomba, hanno trovato conferma nel febbraio 1988, quando lavori per l’allargamento della strada poderale che costeggia il monumento hanno posto in evidenza la parte superiore di alcune lastre di delimitazione del corridoio di sepoltura. Lo scavo archeologico, effettuato subito dopo, ha portato alla luce quanto resta della tomba.

Costituita da un corpo rettangolare a lastroni piani, contornato da un tumulo di pietrame anch’esso dal profilo rettangolare, sarebbe da classificarsi tra le allèes couvèrtes. La presenza sulla fronte di due bracci di muratura che delimitano l’area dell’esedra consente, tuttavia, di considerarla fra le tombe di giganti.

Manca, però, proprio nell’area cerimoniale, la monumentalità che caratterizza le vicine tombe di Li Lolghi e di Coddu Vecchiu. A Moru, infatti, l’esedra è definita da una serie di blocchi e piccole lastre che non esprimono, certamente, lo stesso intento estetico e monumentale, segno del senso di grandiosità che muoveva l’animo dei costruttori delle due tombe suddette. Né sembra plausibile supporre che il filare dei blocchi in questione asportati nel corso dei secoli. Al momento dello scavo, infatti, la compattezza e la colorazione omogenea del suolo erano tali da non lasciare facilmente ipotizzare l’antica presenza di altri elementi strutturali ora non più presenti. A queste caratteristiche del terreno va aggiunto il rinvenimento di una notevole quantità di frammenti e vasi ceramici ben accostati alla base dei suddetti blocchi, destando l’impressione che si trovassero nella loro posizione originaria. Sembra dunque di dover irnmaginare in questa tomba un prospetto in muratura a secco, realizzata con blocchi di diverse dimensioni, che vedeva anche l’impiego di lastre di fattura più accurata in prossimità dell’ingresso al sepolcro.

Le ali dell’esedra, oltre a delimitare l’area cultuale, assolvono soprattutto ad una funzione di contenimento del tumulo – o meglio della piccola collina artificiale, creata con l’accumulo di pietrame e terra addossato ad un breve declivio naturale del terreno – all’interno del quale si sviluppa la tomba.

Non si è rinvenuta traccia di un’eventuale stele, mentre una lastra rettangolare di m. 0,40 x 0,50 rinvenuta infissa di fronte all’entrata e riutilizzata, come si vedrà, in epoca successiva, potrebbe costituire il chiusino dell’ingresso.

Non si è invece identificata la posizione originaria del grosso monolite che giace rovesciato nella parte destra dell’esedra. Il corpo della tomba (lunghezza m 11,30; larghezza m 5,20 circa) si estende sull’asse Est-Ovest ed è delimitato all’esterno da un filare di blocchi di pezzatura variabile, più piccoli quelli impiegati nei lati lunghi, più grandi quelli dei lati corti. I1 lato frontale, dall’andamento concavo, vede l’impiego di lastre verticali; di esse resta solo una parte, ma sembra di poterne ipotizzare l’altezza vicina a quella delle lastre utilizzate per il corridoio.

Notevole lo spessore murario, variabile da m 1,80 a m 2,25, costituito da pietrame e terra, in un insieme compatto che offre solido sostegno alle pareti interne del corridoio sepolcrale, costituite da lastre infisse verticalmente, di altezza variabile, alternate in alcuni punti a parti in muratura a secco ottenuta mediante la sovrapposizione di grossi blocchi. Più alta è la lastra terminale, che raggiunge la dimensione di m 1,70. La lunghezza del corridoio è di m 9,10; la sua larghezza va gradualmente restringendosi dall’ingresso verso la parte terminale. Nel primo tratto, però, due blocchi di granito ben squadrati, posati parallelamente alle pareti, restringono l’accesso, formando una sorta di piccolo dromos (m. 0,40 x 0,90 circa), particolare presente anche in altre tombe di giganti; l’esempio più vicino è quello di Li Lolghi.

Non si è purtroppo conservata la copertura, distrutta, pare, da legnaiuoli toscani nel secolo scorso; essa doveva essere costituita da una serie di lastroni tabulari accostati a formare una piattabanda. Residua solo uno di essi (m 3,15 x rr 1,10) – che appare lievemente ruotato rispetto alla sua posizione originaria e spezzato – sufficiente, 8’ comunque, a darci l’indicazione dell’altezza del vano che in questo punto è di m 1,45.

Lo scavo della tomba ha fornito elementi di particolare interesse, avendo restituito due distinti livelli di utilizzazione documentati da una notevole quantità di materiali culturali, attualmente in corso di studio. All’interno del corridoio, il livello più antico ha restituito una serie di vasetti miniaturistici, posati sul pavimento della parte di fondo; vi si distingue un vasetto biconico con ansa sulla carena, un altro con orlo a tesa esterna orizzontale, una tazza e diverse ciotoline monoansate.

Le caratteristiche tipologiche dell’insieme sembrerebbero riferibili all’orizzonte culturale dell’età del Bronzo Medio (cfr. tabella cronologica), lo stesso arco di tempo, cioè, nel quale venivano rielaborate le allèes di Li Lolghi e di Coddu Vecchiu per essere trasformate in tombe di giganti. Fra i materiali riferibili al livello più recente di utilizzazione del sepolcro, sono presenti tazze e ciotole carenate provviste di piccola ansa e presina a lingua contrapposte sulla carena. Di particolare interesse è una coppa con alto piede troncoconico rinvenuta, deposta in posizione capovolta, accostata alla lastra di fondo del corridoio. La forma della sua vasca (ossia la parte superiore della coppa) ripete quella delle tazze carenate sopra dette.

Fanno parte dello stesso contesto i frammenti di due pugnali ed un grano d’ambra “ad astragalo”, del tipo detto “del tesoro di Tirinto”. L’insieme dei materiali appena descritti riporta all’ambito cronologico dell’età del Bronzo Recente e Finale (cfr. tabella cronologica). Nel Museo Sanna di Sassari si conserva una spada votiva in bronzo, rinvenuta forse negli ultimi decenni del 1800, quando il monumento fu violato in occasione della costruzione del muretto di delimitazione del podere.

Particolarmente interessante si è rivelato lo scavo dell’esedra, dove la considerevole quantità delle ceramiche rinvenute costituisce i resti delle offerte deposte, secondo quanto richiesto dal culto dei morti, durante tutto l’arco di utilizzazione della tomba. Inoltre, una sacca scavata nel terreno nell’area antistante l’ingresso conteneva una notevole quantità di frammenti ceramici. È plausibile supporre che si tratti di un deposito di ripulitura della tomba, operazione che deve essere stata effettuata più di una volta, a giudicare dal fatto che nell’accumulo dei materiali compaiono tipologie di vasi corrispondenti a quelli dei due momenti distinti all’interno del corridoio.

La tomba di Moru ha anche restituito tracce, benché labili, di frequentazione di età punica. Una moneta (D/ testa di Tanit a sn; R/ protome equina a ds) rinvenuta all’interno del corridoio, subito dopo l’ingresso, fornisce un’indicazione cronologica fra il 300 ed il 264 a.C. Benché la tomba non abbia restituito segni di sepolture da parte dei punici, deve tuttavia essere stata riconosciuta da questi almeno quale luogo di particolare sacralità. A far presumere questo è, infatti, un segno inciso sul presunto chiusino prima descritto, rinvenuto infisso davanti all’ingresso, sostenuto da alcune zeppe di pietra, e riutilizzato dai punici probabilmente come piccola stele. Il simbolo che vi è stato inciso corrisponde ad un daleth dell’alfabeto semita, ed è noto anche in altri due casi in ambito funerario. Esso è stato infatti inciso su una roccia del tophet di Sulci (Sant’Antioco Cagliari) e sulla collina di Is Croccas, a pochi chilometri dal tophet. In entrambi i casi non è stato chiarito il significato, legato, evidentemente a ragioni cultuali che restano da approfondire.

FONTE:  ANGELA ANTONA RUJU – IL NURAGHE ALBUCCIU E I MONUMENTI DI ARZACHENA
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