Alà – Alà dei Sardi: complesso nuragico di Sos Nurattolos

 

 

Complesso nuragico di Sos Nurattolos, Alà dei Sardi

DI PAOLA BASOLI

    

L’area sacra nuragica di Sos Nuratolos (in lingua sarda piccoli recinti), è situata alle pendici di una cresta montana granitica, la Punta di Senalonga (1000 m.), dell’ altopiano di Ala dei Sardi, con un’ampia visuale circostante, anche verso il mare, ricca di acque, dove nasce il rio Posada. In questo ambiente aspro e roccioso una comunità nuragica ha edificato una fonte, che ingloba una sorgente di acqua perenne, un tempio circolare, un tempio a megaron e una capanna.

LA FONTE

Su un anfiteatro roccioso, da cui sgorga l’acqua, è stato edificato un recinto sub triangolare appoggiato alla roccia, chiuso nella parte meridionale da un muro. Un ingresso laterale a SW, ricavato tra la parete rocciosa e una struttura muraria, scende con 5 gradini nel cortile3.

Questo ambiente È delimitato nella parte settentrionale da due muri, che raccordano il recinto a entrambi i paramenti esterni del santuario. L’edificio con muri laterali rettilinei, convergenti verso l’apertura sul cortile e absidato nella parte postica, comprende al suo interno un atrio, un vano interno e la cella della fonte. La struttura, costruita con conci sub-rettangolari a doppio paramento, tenuti insieme da zeppe e ordinati in file abbastanza regolari, mostra pareti aggettanti e vani di ingresso all’atrio e al vano interno architravati.

L’atrio, delimitato lateralmente da due ante, che definiscono uno spazio trapezoidale con lati divergenti verso la parete di fondo, si apre a SE sul cortile e comunica attraverso un vano di in gresso trapezoidale, strombato verso l’interno, con l’ambiente interno a pianta sub-rettangolare, che conserva due panchine ai lati. Nella parete di fondo della camera si delinea un’apertura trapezoidale con soglia, costituita da un concio che si appoggia su un lastrone piatto, che sporge nella camera a livello del pavimento, e con architrave sormontato da un finestrino di scarico- nicchia quadrangolare. La cella della fonte, a pianta trapezoidale, è copertura a piattabanda da due lastroni. Nella parete di fondo, al di sopra di due filari di base, si delinea una nichietta quadrangolare, il cui piano di base è allo stesso livello della soglia di ingresso alla fonte, da cui originariamente scendeva l’acqua della sorgente, che ora filtra tra le pietre.

Dalla cella della fonte l’acqua filtra nella camera e scorre in un canale di scolo sotterraneo, ingombro di ceramica, che, attraversato l’atrio e il cortile, defluisce all’esterno alla base del muro del recinto.

Il cortile, nell’area compresa tra l’atrio e il muro di cinta ha restituito resti di un piano di frequentazione, indiziato da una sottofondazione di pietre e parte di un rivestimento di argilla con tracce carboniose di cm 5 di spessore.

Nel cortile sono stati rinvenuti fuori contesto due vasetti in miniatura: una ciotolina emi sferica e una ampollina con orlino svasato, spalla obliqua segnata da carena, parete sagomata rigonfia; due piccoli nuclei poliedrici di quarzite cristallina, materiale di inclusione nei graniti, con segni di lavorazione. All’esterno del santuario è stata raccolta in superficie un’ansa a gomito rovescio decorata a punti impressi.

Il monumento è stato devastato da crolli, dalla riutilizzazione e da scavi clandestini, che hanno interessato l’atrio, la camera e il cortile, nell’area compresa fra il recinto e il paramento esterno del monumento.

La rimozione degli accumuli di materiali lapidei e ceramici hanno permesso di ritrovare nella suddetta area del cortile numerose lastre a contorno irregolare piatte, pertinenti forse alla copertura del tetto. Nella terra di risulta dello scavo clandestino della camera è stato ritrovato un bracciale a verga circolare in bronzo, nella camera un vasetto in situ, deposto sul bancone-sedile, presso la fonte e, sul pavimento dello stesso ambiente, una ciotola carenata con decorazione plastica a sottili nervature. Il rinvenimento di reperti ceramici al di sotto dell’attuale piano di calpestio, prevalentemente ceramiche raffinate nero-lucide, simili a quelle rinvenute al di sopra di quello, fa pensare che il canale di scolo costituisse il ripostiglio di un deposito cultuale delle offerte, relativo alle pratiche liturgiche che si svolgevano nel vano.

L’aggetto delle murature e i cumuli di pietre di crollo degli elevati, all’interno e all’esterno dell’edificio, fanno ritenere che in origine l’atrio e il vestibolo fossero coperti da travi lignee, inserite nella massima elevazione dei muri in aggetto, di cui peraltro non abbiamo alcun segno nella muratura. Le lastre piatte di cui si è detto sopra potevano costituire l’estradosso della copertura di un tetto a doppio spiovente, come documentato per altri santuari (Fadda 2013), difficile tuttavia da ipotizzare per la convergenza dei muri portanti verso la fronte del monumento.

FONTE SOS NURATTOLOS
A assonometria fonte con temenos (scala 1: 50), B ansa a gomito rovescio decorata a punti impressi, C vasetto in miniatura, D bracciale in bronzo. (Disegni G. Fenu)

IL TEMPIO CIRCOLARE

Su un anfiteatro granitico è stata edificata la struttura circolare, che si appoggia alla roccia, preceduta da un atrio. Il vestibolo a pianta trapezoidale è delimitato sulla fronte da un muro rettilineo in cui si apre l’ingresso, originariamente sormontato da architrave, che ora giace all’esterno, e sul fondo da uno convesso, che corrisponde al paramento esterno della struttura circolare, e su cui si delinea un’apertura architravata che immette nella camera.

Questa, sconvolta dalle riutilizzazioni e dagli scavi clandestini, conserva resti di una panchina. La struttura era forse dotata di copertura lignea, a giudicare dalla tecnica costruttiva utilizzata.

Il livelli di base dell’atrio e della camera, conservano lacerti di una pavimentazione in pietra con consistenti tracce di bruciato e di argilla concotta, in cui erano inseriti i resti ceramici.

Tra i materiali, provenienti dai livelli di base dell’area esterna, dell’atrio e della camera, prevalgono raffinate ceramiche nero-lucide: ciotole e tazze carenate, ollette a colletto. Una ciotola e una tazza carenate presentano una decorazione a cerchielli concentrici, mentre alcuni frammenti ritrovati all›esterno della struttura hanno una decorazione plastica. La rara ceramica di uso comune è rappresentata da qualche tegame, un vaso bollitoio, un fornello con appendici e foro di sfiato, qualche vaso a collo.

Scavi clandestini effettuati in corrispondenza del crollo, tangente il lato sinistro del monumento, hanno portato alla luce parte dei paramenti esterni di un muro rettilineo, lungo m 5,30, e di una struttura circolare, riferibili forse ad una recinzione e ad una struttura di servizio.

TEMPIO CIRCOLARE SOS NURATTOLOS
A tempio cir- colare (scala 1: 50) con atrio, B tazza carenata e particolare della decorazione a cerchielli concentrici dell’ansa. (Disegni G. Fenu)

IL TEMPIO A MEGARON

Il tempio, a pianta rettangolare doppiamente in antis, con due ante sulla fronte e sul retro, è circondato da un muro sub circolare e racchiuso, nella parte anteriore, da un recinto in cui si apre il vano di ingresso al santuario. Su questo ambiente, circondato alla base da una panchina, si aprono gli ingressi al tempio e ad una capanna sub-circolare.

Il tempietto si articola in un atrio a pianta trapezoidale, delimitato da due ante con pareti aggettanti e panchine laterali alla base, aperto sul cortile, e in una camera sub-rettangolare, accessibile dall’atrio attraverso un vano di ingresso con soglia delimitata da un gradino. La struttura sub-circolare, con ingresso dal cortile con gradino, conserva alla base i resti di una panchina. Le strutture, gravemente devastate dagli scavi clandestini e dai crolli, mostrano consistenti tracce di incendio.

I materiali, costituiti in prevalenza da ciotole e tazze carenate con presine e ansette anche in coppia, vasi a colletto di raffinata ceramica nero-lucida e tra cui spicca una tazza carenata decorata a cerchi e listelli verticali in rilievo, erano soprattutto concentrati nei livelli di base del cortile e dell’atrio, presso le panchine sulle quali erano deposti come offerte e dalle quali sembravano caduti in modo rovinoso. In particolare presso l’angolo della panchina sinistra dell’atrio del tempietto è stata rinvenuta capovolta una tazzina carenata con presine e fondo piano con all’interno un dischetto in lamina di bronzo; in un frammento ceramico rinvenuto nell’atrio residuavano resti di sostanza organica; una ciotola carenata, decorata con trattini sull’orlo e con un motivo a zig-zag sulla carena è stata ritrovata nel crolli esterno del santuario. Dal riempimento della camera della capanna circolare proviene infine una lastrina in pietra con incavi riempiti da grappe di piombo, in cui sono infisse le parti inferiori degli arti di un bronzetto.

A breve distanza dall’ingresso al tempio, in posizione elevata, si trova una capanna circolare, sconvolta da scavi clandestini, che costituiva forse una struttura di servizio alla gestione del santuario, e da cui provengono, fuori contesto, le consuete forme ceramiche carenate, un’ansa a gomito rovescio, tre anse a bastoncello di brocche ascoidi e due fondi ad anello.

MEGARON SOS NURATTOLOS
A tempio a megaron, capanna e cortile (scala 1: 50)(Disegni G. Fenu)

Per le complesse tematiche che riguardano gli aspetti immateriali della cultura tardo nuragica, disponiamo di frammentari e controversi dati dalle fonti letterarie antiche, dai miti delle tradizioni etno-antrologiche sarde e dai materiali della cultura, difficili da utilizzare per le condizioni dei ritrovamenti.

A Nuratolos si configura un’area sacra montana, in un luogo alto deputato a raggiungere la divinità o le divinità, secondo forme di culto comuni a tutti i popoli, inserita in una rete di sentieri di transumanza, a cui non era estraneo il percorso del rio Posada, che nasce in questi luoghi e si getta nell’insenatura nei pressi dell’abitato omonimo, sul mar Tirreno.

Le strutture della fonte, del tempietto circolare e del tempio a megaron presentano un modello insediativo, di cui non è attualmente possibile definire l’estensone e individuare eventuali relazioni con un villaggio e/o nuraghe prossimi11 e con il villaggio-santuario di Su Pedrighinosu, ubicato alla periferia del paese, alla base del monte a circa 7 Km da Sos Nuratolos (Taramelli 1925). Queste strutture si caratterizzano come aree recintate a circoscrivere la sacralità di ogni ambito in un percorso cultuale verso l’alto. Il modulo costruttivo, costituito da atrio e vano rettangolare o circolare, è comune alle fonti e ai pozzi sacri della Sardegna, si ripete nei tre edifici con alcune differenze, che riguardano il tempio rotondo per la forma della camera e per la chiusura dell’atrio, che è aperto nella fonte e nel tempietto. In particolare le somiglianze strutturali e planimetriche fra la fonte e il tempietto fanno ritenere che un progetto unitario presiedesse alla edificazione. Si fa pertanto largo l’ipotesi che norme cultuali e rituali ne regolassero la fondazione, la funzione e la frequentazione dei fedeli. Se poi l’ubicazione degli edifici è obbligata per la fonte dalla presenza dell’acqua sorgiva, orientata a SE e con ingresso dal recinto a SO, si evidenziano la visibilità del tempio rotondo, con ingresso orientato a S-SE, e la posizione del tempio a megaron, di uguale orientamento, in relazione ad una caratteristica formazione rocciosa, che copre alla vista il santuario.

L’assetto architettonico della fonte costituisce un ibrido, che trova confronti parziali per il fondo absidato con il tempio a megaron 2 di S’Arcu is Forros-Villagrande Strisaili (Fadda 2009: 760-761; 2013: 204-205), con Su Putzu-Orroli e con la fonte di Noddule-Nuoro (Contu 1981: 121) e per l’atrio, la nicchietta sopra l’ingresso alla cella e per la planimetria con la fonte principale di Su Tempiesu-Orune (Fadda 2013: 52-53). Il tempio rotondo trova riscontri a Sa Carcaredda-Vil- lagrande Strisaili (Ead.: 239-240); con il tempio di Janna ‘e Pruna-Irgoli (Massetti, Sanciu 2013: 29-35; Fadda 2013: 233-234); con il tempio di Su Monte-Sorradile (Santoni 2001: 75; Fadda 2013:229-230); il tempietto di Sirilò-Orgosolo e la Capanna del Capo-Santa Vittoria di Serri (Ead.: 116- 123). A differenza di questi l’atrio del tempio di Nuratolos è chiuso e privo di panche per offerte. Il tempio a megaron trova confronti con i tempietti A e B di Serra Orrios-Dorgali, soprattutto nel B con panchine laterali nell’atrio; di Gremanu-Fonni, che tuttavia ha un atrio chiuso, ma un adiacente tempio circolare (Ead: 102-109); con i templi A della I fase e B di Romanzesu-Bitti (Ead: 131-132, 138-144). Il tempio di Domu de Orghia-Esterzili rientra nella stessa tipologia con l’atrio panchinato (Ead: 188-192). La stessa tipologia e assetto architettonico con capanna e teme- nos si ritrovano nei templi I e II di S’Arcus is Forros –Vllagrande Strisaili (Fadda 2009: 759-764;2013: 204-207).

L’area sacra di Nuratolos sembra costituire il punto di arrivo nell’evoluzione dell’architettura templare, che include le varie tipologie di santuari in un progetto unitario e le dispone secondo un ordine, forse un percorso rituale, nel territorio. Gli arredi liturgici sono costituiti principalmente da panchine, su cui erano deposte le offerte, che nella fonte e nel tempio circolare sono collocate nella camera, nel tempio a megaron, lungo il perimetro del cortile, ai lati dell’atrio e lungo la circonferenza della struttura circolare, annessa al tempio.

Le offerte sono rappresentate principalmente dai vasi di ceramica prevalentemente nero lucida, di cui si è detto sopra, in cui si distinguono forme collegate all’utilizzo dell’acqua, ma non solo, ampiamente documentate nella bronzistica. I resti di sostanza organica presenti in un frammento documentano l’offerta di cibo. Simbolo sacro di carattere rituale sono inoltre i vasi miniaturistici, espressione di un linguaggio liturgico, profondamente identitario di cui fedeli conoscevano il significato (Campus, Leonelli 2012: 85, nota 1, 105-111). Negli scarsi resti di offerte in bronzo, un bracciale, il dischetto, offerto alla divinità dentro una ciotola, e frammenti infissi nella lastra, si possono distinguere doni individuali da quelli collettivi, rappresentati nella suddetta la tavola, che può ben rappresentare un “tributo” di una comunità, come pegno per sancire accordi definitivi, fissati nel piombo (Lo Schiavo 2003; 2006; 2015: 182-183), e perciò sistemati nella capanna annessa al tempio a megaron, in un luogo dedicato forse alle preziose esposizioni di bronzi, interpretate come “mascheramenti” rituali attraverso i quali le élites nuragiche trasmettevano credenze e valori alle comunità che frequentavano il santuario (Madau 2012: 848-849).

Particolarmente significativa l’offerta delle due pietre di quarzo cristallino, legate alla magia della pietra, profondamente radicata nella cultura sarda, espressione di una religione naturalistica e animista (Lilliu 1963: 10).

Se nel tempio rotondo di Nuratolos è da riconoscere una struttura assembleare riservata, come sembrano indicare la conformazione chiusa dell’atrio, la tipologia delle panche interne e soprattutto l’assenza di panchine all’aperto per deporre le offerte dei fedeli, possiamo identificarlo con un dikasterion e inquadrare l’area sacra di Nuratolos nell’ambito delle trasformazioni politiche operate dagli aristoi, di cui parlano le fonti letterarie antiche (Ugas 2009: 165-167; 2012: 78-84; Perra 2009: 361-363).

A quale o quali divinità erano dedicati i templi e le offerte? G. Lilliu considerava centrale nella Civiltà nuragica il culto delle acque, in cui distingueva quello dell’acqua di cielo da quella di vena e ricordava per il primo la divinità pluviale di Maimone, ancora presente nel folklore sardo, per il secondo le raffinate architetture dei pozzi e fonti, collegate anche alla rappresentazione del toro, e alle mitiche figure della “madre della fontana” e di Orgìa. Concludeva quindi che gli dei del culto nuragico delle acque erano il dio toro e la Gran Madre (Lilliu 1963: 10-13). G. Ugas ha introdotto nel complesso pantheon sardo il culto di una divinità della luna nuova, legata all’acqua, per la raffigurazione del crescente lunare sulla vasca altare di Villafranca e su vasi per l’acqua, e alla morte per la presenza in sepolture (Ugas 2012: 80-81).

Ancora G. Lilliu ha ipotizzato per i templi a megaron che il rituale magico o arcano, fisso e ripetitivo fosse espressione di una variante intellettualizzata dell’animismo e che il mezzo della funzione religiosa fossero l’acqua e il fuoco. Lo studioso lo ha collegato al culto di acque sotterranee, dotate di virtù salvifiche e rigeneratrici, e al mito di Orgìa, maga o gigantessa pietrificata dal dolore per l’uccisione dei figli a causa di un maleficio, in contrapposizione a chi ipotizzava in questi templi un culto dell’acqua come nelle fonti e pozzi sacri, con la variante che, in mancanza di quella di vena, l’acqua venisse raccolta in contenitori (Lilliu 2010: 186-187; Fadda 2013:13).

A Nuratolos si evidenziano un tempio dedicato al culto dell’acqua di fonte della Madre della Fontana, che poteva svolgere le funzioni salutifere e purificatrici, e in cui il fedele scendeva verso le viscere della terra, dove sgorgava il sacro liquido, e un santuario col tempio a megaron, collocato in alto in posizione eminente, forse deputato al culto di una divinità urania, dispensatrice dell’acqua di cielo, a cui i nuragici innalzavano le spade votive, destinate a captare gli elementi della natura, fulmini e pioggia, che si scatenavano nel corso dei temporali. A questa divinità dispensatrice di fertilità, forse connessa anche con la dea della luna nuova e col mito sardo di Maimone, era forse collegata la raccolta dell’acqua piovana in grandi contenitori, rinvenuti in questi templi (Fadda 2013), destinata alle pratiche rituali.

L’abbandono dell’area sacra, documentata da distruzioni e incendi, nel corso del I Ferro, è definitivo e andrà valutata nell’ambito delle rivalità interne (Pedrighinosu?) ma anche degli interessi economici, relativi alle frequentazioni precoloniali (Posada?), che muovevano i flussi commerciali nei bacini di utenza di questa comunità nuragica. A. Usai attribuisce la conclusione della crisi del mondo nuragico nell’VIII sec. alla degenerazione della competitività nuragica in conflittualità intercomunitaria e intracomunitaria e all’incapacità di evoluzione in senso urbano e di confronto coi sistemi urbani (Usai 2012: 175).

Fonte: P. Basoli – Il santuario nuragico di Sos Nuratolos (Alà dei Sardi, OT) e il culto delle acque

https://www.ccsp.it/web/santuarios2016/programma%20e%20pdf%20vari/pdf_articoli/basoli.pdf

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