Torpè: nuraghe San Pietro

Nuraghe San Pietro, Torpè

 

Associazione Culturale Sardus Pater

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Come arrivare:

Dall’abitato di Torpé si percorre la strada principale (via Liberazione) e alla rotonda si svolta a destra per via Fiume. Si supera il ponte sul fiume Posada e si svolta a sinistra e si segue l’andamento della strada per circa 600 metri. Il sito si trova sulla destra, indicato da alcuni cartelli.

Il nuraghe S. Pietro è del tipo a pianta complessa quadrilobata, con mastio e cortile centrale e quattro torri aggiunte nel senso laterale.

La struttura è realizzata con blocchi e lastrine di trachite, di scisto e di altri litotipi locali, di dimensioni eterogenee e poco o nulla sbozzati, disposti, secondo la tecnica megalitica, in filari irregolari, privi di malte o altri leganti e con l’impiego di numerose zeppe.

Il mastio (diam. int. di circa 3,80 m) presenta la tipica struttura con ingresso coperto a piattabanda, nicchia di guardia e scala elicoidale che conduce al piano superiore, corridoio d’accesso e camera centrale, nella quale si aprono tre nicchie a disposizione cruciforme (Figg. 6-7) (Fadda 1981, pp. 364-365).

Gli ingressi del mastio e delle due torri aggiunte sul lato Sud si affacciano sul cortile a pianta irregolare, delimitato da una muratura realizzata con lastrine di scisto locale in diversi momenti costruttivi, nel quale si trova un pozzo a forma di imbuto, profondo 5,80 m e largo all’imboccatura 0,60 m, secondo uno schema riconoscibile anche nei nuraghi complessi di S. Antine-Torralba (SS), Su Nuraxi-Barumini (CA), S. Pedru-Ussaramanna (VS), Ortu Comidu- Sardara (VS), Lugherras-Paulilatino (OR), Bruncu Riu Seghi-Lunamatrona (VS) e Nastasi-Tertenia (OG) (MORAVETTI 1992, pp. 51-52).

La torre Sud-Est (diam. int. di circa 2,80 m), in asse con l’ingresso del mastio, risulta accessibile attraverso un corridoio di lunghezza maggiore di quelli delle altre torri, in quota con il piano del cortile, ma leggermente rialzato rispetto al livello pavimentale all’interno della camera. Quest’ultima presenta due nicchie, di cui una sopraelevata, ubicata vicino all’ingresso, ed una ricavata sulla parete antistante all’entrata, in corrispondenza di un ingresso che si apriva nel paramento esterno della torre, successivamente tamponato e trasformato in magazzino/ripostiglio (Fadda 1988, p. 255).

Analogamente alla torre Sud-est, anche la torre posta sull’angolo Sud-Ovest (diam. int. di circa 3,50 m) è introdotta da un corridoio in quota con il cortile e dispone, all’interno della camera, di una nicchia sopraelevata. Al di sotto del piano d’uso più antico di questa torre e della muratura perimetrale, inoltre, lo scavo mise in luce un muro largo 1,40 m e costruito con la tecnica a sacco, riferibile ad una fase costruttiva antecedente all’impianto del vano (Fadda 1988, p. 255).

La torre Nord-Est (diam. int. di circa 3 m), realizzata in blocchi di scisto di medie dimensioni, benché molto compromessa già al momento dello scavo, conserva ancora leggibile la planimetria originaria. Anche questo vano è dotato di una nicchia sopraelevata di forma ellittica, incassata nel muro antistante all’ingresso, ed uno spazio a pianta ovale allungata, ricavato nel rifascio murario esterno del nuraghe, di circa 6,40 m di lunghezza. 

LA TORRE NORD–OVEST: LA STRUTTURA

L’ultima torre laterale ad essere indagata, nel corso della campagna del 1988 condotta sotto la direzione di M.A. Fadda (Fadda 1988, p. 255), fu, come si è detto, quella posta nell’angolo Nord-Ovest del quadrilobo, oggetto, come tutte le altre torri di questo complesso, di un tentativo di scavo clandestino.

La torre è accessibile mediante un ingresso orientato verso est e aperto all’esterno del rifascio murario che, avvolgendo il mastio e le torri laterali, configura la caratteristica pianta quadrilobata.

Realizzata con blocchi di scisto e di altre pietre locali, appena sbozzati e messi in opera con l’impiego di numerose zeppe, questa torre risulta la più grande delle torri laterali (diam. int. di circa 3,80 m) e si conserva in elevato fino ad un massimo di circa 3,90 m, per un totale di 9 filari. L’ingresso architravato e sormontato da finestrella di scarico, come in tutte le altre torri di questo nuraghe, immette in un corridoio, largo alla base circa 0,70 m e lungo 1,30 m. Il piano d’uso del corridoio, delimitato da pareti ad andamento verticale fino alla quota d’imposta dell’originaria volta ogivale, era rialzato rispetto sia al piano di campagna esterno sia alla quota pavimentaleall’interno della camera.

Lo scavo all’interno del vano mise in luce un deposito archeologico di notevole potenza, che si sviluppava da circa -2,10 m dalla sommità conservata della torre e fino allo strato sterile di arenaria posto a quota -3,90 m, con almeno 7 diversi livelli pavimentali.

Al primo livello pavimentale, in semplice battuto d’argilla, individuato alla quota di -3,10 m, infatti, seguiva un piano d’uso in battuto e lastrine di scisto disposte di piatto, a cui era associato un focolare dello spessore di circa 40 cm, formato da strati di ceneri e carboni alternati a strati di argilla, a testimonianza di differenti fasi di utilizzo. Il focolare presentava due zone distinte con concavità centrale per delimitare il fuoco e due fori circolari ricavati nel battuto, probabilmente per ospitare gli elementi impiegati come alari. 

Tra il lastricato e il livello sterile basale di arenaria furono distinti almeno 5 rifacimenti del piano pavimentale, di cui 3 realizzati con lastrine di scisto allettate su battuto d’argilla. In alcuni piani d’uso si raccolsero numerosi ciottoli fluviali, provenienti dal vicino Rio Posada, alcuni dei quali con tracce di bruciato. 

A sinistra dell’ingresso, in quota con il lastricato posto a quota -3,20 m, si poté identificare un bancone in pietra addossato al perimetro della torre, analogo a quello evidenziato all’interno della torre Nord-Est, sotto il quale fu rinvenuta una conchiglia di Charonia nodifera, forse riconducibile ad un qualche rito di fondazione.

Del resto, testimonianze di rituali di fondazione non sono estranee alla civiltà nuragica, anche se in genere sono documentati casi di seppellimento di tesoretti di oggetti in metallo in canalette o cavità ricavate sotto le murature o i piani pavimentali, come ad esempio a S. Anastasia di Sardara (VS) (Lo Schiavo 2006, pp. 270-271) o ad Ozieri (SS) (Marras 2014, pp. 322 e 325).

 

IL NURAGHE: CAMPAGNE DI SCAVO

Il nuraghe S. Pietro, indagato per la prima volta nel 1973 (LO SCHIAVO 1976, pp. 51-61) a seguito di scavi clandestini, fu oggetto di campagne sistematiche di scavo e restauro per quattro anni consecutivi, tra il 1980 e il 1984 (Fadda 1981, pp. 364-365, Fadda 1985, pp. 84-88), e poi nel 1988 (Fadda 1988, p. 255), quando fu interessata l’ultima torre laterale ancora non sottoposta ad indagini. Inizialmente si ritenne che il complesso avesse soltanto due torri laterali (Lo Schiavo 1976, p. 51), aggiunte al mastio sul lato Sud, e solo con la campagna del 1984 venne scoperta la presenza di altre due torri sul lato Nord. 

Nel corso dei vari interventi fu esplorato, innanzitutto, il mastio e la corte esterna, sulla quale si affacciano gli ingressi del mastio e delle due torri laterali meridionali (Fadda 1981, pp. 84-88). Furono quindi oggetto d’intervento

la torre posta sull’angolo sud-est e quella corrispondente sull’angolo sud-ovest (Fadda 1985, pp. 84-88, Fadda 1988, p. 255). Lo scavo di quest’ultimo vano mise in luce un deposito archeologico di notevole potenza (circa 3 m), con livelli riferibili a differenti fasi di occupazione, compresi tra il Bronzo Medio e l’età romana (Fadda 1985, pp. 84-88; D’Oriano 1982, p. 335). La torre Sud-Ovest, infatti, è l’unica di tutto il complesso di S. Pietro a conservare elementi riferibili ad un riutilizzo di epoca romana. In un primo momento, durante la prima età imperiale (fine I d.C./metà II d.C.), come granaio, come testimoniato dal ritrovamento di un’ingente quantità di chicchi di grano, fave, frammenti di contenitori di legno e sughero, resti di due ceste di giunchi intrecciati, oltre che di anfore vicine alla forma Dressel 13 e 14.  Nella tarda età imperiale, invece, dopo il crollo della volta della torre, l’ambiente accolse alcune sepolture in fossa.

Le torri aggiunte sul lato Nord furono indagate per ultime, nel 1984 e nel 1988. La torre Nord-Est restituì un numero notevole di frammenti ceramici, conservati sia all’interno dello spazio ricavato nel rifascio murario esterno del nuraghe, sia accanto al bancone in pietra individuato lungo tutta la circonferenza della torre, alla base del vano. I materiali rinvenuti accanto al bancone erano in prevalenza integri o perfettamente ricomponibili e disposti in modo ordinato e in pile sovrapposte. Al centro della camera fu messo in luce anche un focolare delimitato da pietre di origine fluviale, caratterizzato da diversi livelli di argilla alternati a strati di cenere e carbone (Fadda 1985, pp. 84-88).

Nel 19854, inoltre, in occasione di un intervento d’urgenza della Soprintendenza per la posa in opera di tubazioni d’irrigazione a servizio della piana di Torpè, in un’area a sud del nuraghe, vennero alla luce resti di murature pertinenti a due capanne quadrangolari di età romana e, al di sotto di queste ed in parte inglobate in una di esse, alcune strutture murarie relative ad una capanna nuragica a pianta circolare. A questi ritrovamenti, purtroppo, non seguirono mai scavi sistematici atti a verificare la presenza e l’estensione di un probabile villaggio nuragico, che verosimilmente può essere coesistito, durante una o più fasi, con il complesso quadrilobato, in considerazione della posizione strategica del sito nella fertile piana del Rio Posada.

I numerosi reperti recuperati già nella prima campagna del 1973, in genere lungo il paramento interno delle torri, testimoniano un periodo intenso di vita del complesso di S. Pietro dal Bronzo Medio al Bronzo Finale (Fadda 1988, p. 255). L’abbandono del sito, infatti, dovrebbe collocarsi nella I età del Ferro, forse a causa di un incendio improvviso, come ipotizzato dalla Lo Schiavo (Lo Schiavo 1976, pp. 51-53, Lo Schiavo 1980a, pp. 109-110), in virtù dello spesso strato di ceneri e carboni nel quale erano immersi i reperti rinvenuti nel corridoio d’ingresso del mastio e in parte del cortile, tra cui alcuni oggetti metallici cronologicamente riferibili all’età del Ferro.

In quest’ultima fase di utilizzo del nuraghe, datata al IX-VIII sec. a.C. (LILLIU 1999, p. 137), la camera del mastio potrebbe essere stata utilizzata come sacello, come sembra testimoniare la presenza di oggetti d’ornamento in bronzo e argento, vasetti rituali, figurine in terracotta e verghe di piombo, usate comunemente nei siti cultuali per saldare le statuine in bronzo alle basi di pietra (Lilliu 1999, pp. 137 e 216, Lo Schiavo 2005, p. 222, Santoni 2014, p. 130).

Il cambio nella destinazione d’uso del nuraghe, da sito abitativo a luogo di deposizioni votive, è attestato in diversi contesti nuragici, ma in modo evidente nel nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca (CA), dove l’uso cultuale del vano E è testimoniato, oltre che dalla cultura materiale, per la presenza ad esempio di numerose navicelle fittili, anche da diversi indicatori strutturali, tra cui un altare in pietra (UGAS 1989-90, pp. 351-373). Una situazione analoga al nuraghe S. Pietro, invece, è documentata nel vicino nuraghe Pizzinnu di Posada (NU), nel quale i monili, le statuine in bronzo, gli oggetti d’osso e gli arnesi rinvenuti nell’ultimo livello d’occupazione del sito, al di sopra di uno strato di cenere che separava il livello inferiore a ceramica a pettine relativo alla fase abitativa, sono stati interpretati come deposizione votiva (Lilliu 1999, p. 137).

Testo tratto da:

IL NURAGHE SAN PIETRO DI TORPE’ (NU): LA TORRE NORD-OVEST 

Autrice: Laura Sanna

Planimetria nuraghe San Pietro

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