Biddanoa de Forru – Villanovaforru: complesso nuragico di Genna Maria

 

Complesso nuragico di Genna Maria, Villanovaforru

         

Turismo in Marmilla cooperativa a.r.l.

Come arrivare:
In 131 all’altezza d Sanluri svoltare all’incrocio con la SP 52 per Villanovaforru. Giunti in prossimità di Villanovaforru si imbocca a sinistra la SP 49 (in direzione Collinas) e si seguono i cartelli. Coordinate:  39°38’4″N 8°51’15″E

Il complesso dei ruderi di età preistorica e protostorica che fa capo al nuraghe polilobato Genna Maria è situato a 408 metri s.l.m., in contiguità di un valico collinare (latino: Janua Maris > Sard. merid. Genna Mari), che consentiva il collegamento della Marmilla con la costa occidentale dell’Isola. Il paesaggio di questa regione centro-meridionale è distinto dall’alternanza di altopiani basaltici, localmente denominate “giare”, e di colline marnose separate dai solchi di torrenti oggi inariditi. L’unico corso d’acqua di un certo rilievo è oggi il Flumini Mannu (latino: Flumen Magnum) che, scendendo dal Sarcidano e attraversando la pianura del Campidano fino al golfo di Cagliari, si presentava fin dalla Preistoria come via preferenziale per raggiungere le aree montane interne. 

Il complesso archeologico è stato portato alla luce a partire dal 1969 (Direttore scavi Enrico Atzeni, Docente di Paletnologia e Antichità Sarde dell’Università di Cagliari), con finanziamenti della Regione Autonoma della Sardegna. Le ricerche sono in corso, ma fin dal 1982 è stata delimitata l’estensione dell’area d’interesse archeologico. Su una superficie di circa mezzo ettaro è stato individuato un nuraghe complesso costituito da un mastio, fronteggiato da un cortile con pozzo/cisterna, compreso entro un bastione trilobato, in origine quadrilobato, a sua volta rifasciato parzialmente a partire dalla torre est e fino alla torre nord-ovest. A distanza, facendo centro sul mastio, sono stati riconosciuti i resti di un antemurale esagonale con torri agli apici e ingresso a sud. Nell’area compresa tra il filo esterno del bastione trilobato e l’antemurale, che in parte viene scavalcato a sud-est e nord-est, si estende l’agglomerato di edifici costruiti nella fase finale di insediamento sulla collina nella prima Età del Ferro. Tracce consistenti di riutilizzazione in epoca punica, romana e altomedievale sono state rilevate in tutto il complesso archeologico.

La sequenza di costruzione delle strutture megalitiche è stata periodizzata a partire dall’Età del Bronzo medio (XVI-XIV sec. a.C.), quando il primo insediamento edificò capanne e una struttura megalitica isolata probabilmente nell’area oggi occupata dalla Torre est. A questa prima fase seguirono più fasi, inquadra bili tra le Età del Bronzo recente (XIII-XII sec. a.C.) e del Bronzo finale (XI-IX sec. a.C.), che videro la costruzione del quadrilobato con mastio centrale, l’antemurale esterno e il rifascio del bastione periferico ridotto a tre torri collegate da cortine rettilinee. In queste fasi, databili al II millennio, non esisteva villaggio al l’esterno dell’antemurale ed è dubbio, se si esclude una grande capanna prospiciente l’ingresso nella cortina di sud-est, che esistessero edifici minori all’interno dell’area protetta dalla cinta poligonale. 

Notevoli nella struttura megalitica gli interventi di consolidamento, realizzati tramite rifasci esterni ed interni, rivelatori delle necessità di perpetuare l’agibilità della costruzione. 

Sono pertinenti alle parti sommitali del polilobato le mensole di sostegno del terrazzo aggettante, i conci sagomati a T, in origine sottostanti alle mensole, prevalentemente in lava basaltica e provenienti dalle “giare”. 

A partire dalla prima Età del Ferro (metà del IX-VIII sec. a.C.) è databile la costruzione della serie di edifici minori, facenti capo a grandi dimore con corte centrale, abbandonate all’improvviso per ragioni non chiarite, prima del Subgeometrico (o Orientalizzante). All’abbandono seguì un incendio, del quale si riconoscono vistose tracce su muri e suppellettili. 

Parziali riutilizzazioni di alcuni vani sono databili ad un periodo compreso tra la fine dell’VIII e la fine del IV sec. a.C. 

A partire da questa data e fino all’inizio del VII sec. d.C. il complesso archeologico divenne centro di culto di una divinità legata alla sfera agraria; i rituali presentano elementi sincretistici derivanti dalla religiosità nuragica, punica e romana. Il mastio divenne luogo di raccolta di ex voto e strumenti di culto, mentre nel cortile sono stati rinvenuti i resti di sacrifici cruenti di ovini e bovidi. 

Testo tratto da: Badas U. 1996, Nuraghe Genna Maria (Villanovaforru, Cagliari), in XIII Congresso Internazionale delle Scienze Preistoriche e Protostoriche (Forlì 1996), Guide archeologiche n. 2, Sardegna, Forlì, pp. 163-169.

 

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