Seui: nuraghe Ardasai

 

 

Nuraghe Ardasai, Seui

 

Il nuraghe Ardasai, posto sulla sommidell’omonimo tacco, è stato oggetto, dal 1999 al 2006, di indagini estensive che hanno permesso il restauro dell’edificio e la lettura delle diverse fasi costruttive che lo hanno interessato nel tempo. Alla prima fase edilizia, riferibile alla fine del Bronzo Medio, risale la torre centrale che si conserva, svettata, da un minimo di m 1 sul lato Ovest a un massimo di m 6,50 sul lato Est. L’ingresso alla torre, largo m 0,90 e alto m 3, introduce in un corridoio (lungh. m 4,40), a sezione sub- ogivale, alquanto insellata nella parte superiore e sormontata da pesanti lastre di piattabanda

All’interno della costruzione sono visibili fenomeni di degrado, aggiunte e risistemazioni varie: in particolare, fra l’altro, ad un primo lastricato pavimentale del corridoio che si inserisce sotto le pareti si sovrappone, in un momento non precisabile, un secondo piano di calpestio giustapposto al paramento murario. È probabile che proprio nell’ambito di questi restauri sia avvenuta anche l’occlusione della scala d’andito, il cui accesso risulta perfettamente sigillato da conci parallelepipedi. La camera a tholos ha pianta sub- circolare (diam. m 2,80×3) con pavimento costituito dalla roccia naturale spianata e completato con lastre di calcare di varie forme e dimensioni. In origine, la tholos doveva essere divisa in due piani da un soppalco ligneo sono leggibili i fori che dovevano accogliere le travi che doveva servire la nicchia di pianta ellittica aperta sopra il corridoio. La posizione di questa nicchia (ingresso m 0,39; lungh. m 2,10; largh. m 0,82) permette di alleggerire il carico del corridoio ed evidenzia un dosaggio sapiente di pieni e di vuoti al- l’interno di una struttura architettonica  per  molti versi ancora arcaica. Un canale verticale di circa 10 cm di diametro parte dalla sommità della torre e sfocia nel corridoio, in corrispondenza dell’ingresso. Nella seconda fase edilizia alla torre viene addossato un poderoso rifascio meno curato nell’opera muraria ottenendo la pianta di un bilobato, in cui i lobi però non sono costituiti da torri, ma da vani accessori (A, B). Il vano B è ricavato appoggiando un tratto murario semicircolare ad un muro rettilineo (lungh. m 3,40): si è ipotizzato che l’ambiente avesse una copertura tendente all’ogiva, interrotta da lastre di piattabanda. Sul lato Nord- Ovest, i due tratti murari, raccordati da un muro rettilineo, formano una stretta rientranza nella quale sono incassati i gradini per la discesa al vano B. A questa scala si arriva mediante un camminamento sulla sommità del rifascio, una soluzione frequente in nuraghi del Nuorese per il collegamento tra le torri. Il vano A ha pianta ellittica (m 2,90×1,50) con pareti costituite sia dalla roccia naturale che forma anche il pavimento dell’ambiente sia dalla muratura. Riutilizzato nel paramento murario è stato rinvenuto un frammento di statuamenhir: ha sagoma pianoconvessa, profilo ogivale, sopracciglia, occhi e naso pilastrino. Difficile stabilire la provenienza di questo interessante reperto, il cui riutilizzo come materiale da costruzione documenta la perdita di ogni valore sacrale nell’ideologia delle popolazioni nuragiche. Questo vano A è raccordato alla torre centrale mediante un cortile a cielo aperto delimitato dai margini del tacco roccioso naturale e, sul lato destro rispetto all’ingresso, dal poderoso rifascio che poteva, forse, includere un altro vano coperto. I materiali recuperati nel corso dello scavo sono riferibili ad un periodo compreso fra la fine del Bronzo Medioinizio Bronzo Finale. La ceramica, povera di forme e per lo più di cattiva fattura, unitamente all’architettura modesta suggeriscono una generale povertà dell’insediamento, che si spiega con il quadro delle risorse economiche offerte da un contesto ambientale di alta montagna, ma utile al controllo di una via naturale posta a collegamento dei versanti del Gennargentu, attraverso un sistema insediativo che affianca al nuraghe Ardasai un agglomerato di capanne circondate da cortine murarie, ubicato sul prospicente tacco di Serra su Casteddu. L’ampio dominio visivo del nuraghe spiega, in età romana, la frequentazione sporadica del monumento, già in rovina, che va messa in relazione con lo sviluppo, nel pianoro sottostante il tacco di Ardasai, di un abitato romano che si sovrappone al più antico villaggio

Fonte: Salis Gianfranca
 Il complesso archeologico di Ardasai in ter- ritorio di Seui, Studi Ogliastrini, 2008

 

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