Lunamatrona: nuraghe Trobas

 

 

Nuraghe Trobas, Lunamatrona

 

Autore: Daniele Carta – I MATERIALI NURAGICI DEL PROTONURAGHE SA CORONA DI BIDDAREGA/VILLAGRECA-NURAMINIS (CA)

la costruzione del Nuraghe Trobas va posta a metà strada nella linea evolutiva che va dai protonuraghi più arcaici, in cui gli spazi interni (corridoi o vani generalmente ellittici o sub-ellittici) risultano poco estesi rispetto alle masse murarie, e i primi nuraghi con tholos a sezione ogivale. Problemi di interpretazione riguardanti le associazioni tra cultura materiale mobile e sequenze costruttive dell’edificio vengono dall’analisi dei pochi dati disponibili sullo scavo (condotto materialmente da C. Puxeddu tra il 1 981 ed il 1 982) del protonuraghe, pubblicati da Lilliu.

Questo è un particolare edificio megalitico, la cui planimetria è molto differente da quella dello schizzo di G. Manca pubblicato da Lilliu. Un rilievo preciso della struttura è esposto al Museo Archeologico di Villanovaforru, assieme ad un campionario di materiali provenienti dallo scavo. M. Perra a proposito del Trobas, sostiene che si tratti di una capanna o torre-capanna, edificata nel corso del Bronzo medio e ristrutturata nel Bronzo recente).

Si tratta di un monumento di passaggio tra le architetture propriamente protonuragiche e quelle del Nuragico medio: la pianta esterna ha una particolare conformazione a ferro di cavallo, tendenzialmente subcircolare (circa 1 3 metri di diametro), ma il lato dell’ingresso appare rettilineo (le murature a destra e a sinistra dell’accesso giacciono però su due diverse linee parallele, una arretrata rispetto all’altra).

È presente la scala d’andito, la vasta camera, tendenzialmente circolare (circa 6,1 0 x 5,80 metri di diametro), è dotata di due nicchie, una a sud ed una ad ovest. La struttura presenta poi un rifascio anulare esterno che la raccorda con alcune capanne.

Il deposito archeologico della camera era costituito da un primo strato (50 cm) di terra e pietre, secondo (8 cm) costituito da ceneri e carboni, terzo (21 cm) formato da ceneri e lastrelle arrossate dal fuoco, quarto (28 cm) da argilla discontinua, carboni, ceneri e pietre minute, quinto (1 6 cm) da terra sabbiosa color rosso mattone,

infine il deposito archeologico vero e proprio (70 cm) costituito da “un compatto sedimento di cenere che faceva luogo presso le pareti a lastrine di una certa grandezza e a numerosissimi grossi, medi e piccoli grumi d’argilla con l’impronta di canne e ramaglie (erano i resti dell’ampia copertura conica bruciata dal fuoco che aveva sedimentato a lungo dentro la camera arrossandone le stesse pareti). Alla base della rovina arsa del tetto, sul terreno vergine del pavimento, rimanevano sparsi qua e là e spezzati dal peso degli elementi caduti (travi lignei, materiale impermeabilizzante, lastre che fermavano all’esterno la copertura, gli avanzi della suppellettile domestica”.

In particolare si raccolsero un migliaio di frammenti di ossidiana, 28 macine e macinelli in basalto, 1 22 pestelli di basalto compatto, un pugnaletto di bronzo lungo 11 cm. con due ribattini, una lamina trapezoidale di bronzo o rame, i rottami di oltre un centinaio di vasi (olle globulari a colletto e orlo ingrossato, ciotole troncoconiche, tegami e grandi teglie, una delle quali con impronte di paglia sul fondo, un vasetto globulare a colletto pluriansato, frequenti le olle a tesa interna con decorazioni a triangoli punteggiati a pettine e a scacchiera con rettangoli alternatamente lisci e tratteggiati probabilmente con la tecnica del pettine strisciato.

Lilliu pone, nel quadro della sua proposta di scansione crono-culturale della Civiltà nuragica, la costruzione della torre, con nicchie e scala d’andito, verosimilmente voltata a tholos, nel Bronzo antico, ipotizza in seguito un crollo rovinoso della torre, causata dalla scarsa qualità della marna utilizzata nella costruzione, nonostante l’opera di rifascio, ed un riutilizzo, nel corso del Bronzo medio, dopo la rimozione dei crolli, della struttura residua, conservatasi per un’altezza di circa 2 metri come capanna “nobile”, coperta con un tetto conico in legno e frasche, distrutta, sempre nel Bronzo medio da un violento incendio che fece “fondere i silicoalluminati dell’argilla espansa che rivestiva all’interno la coperta di legno e frasche del tetto conico (è stata raccolta una gran quantità di scorie parzialmente greificate, porose per vacuolizzazione di sali alcalini)”.

Diversa la lettura delle evidenze archeologiche relative al Trobas proposta da G. Ugas: lo Studioso relaziona infatti il deposito archeologico posto in luce alla base della sequenza stratigrafica della camera ad una capanna del Bronzo medio, sui resti della quale sarebbe stato poi innalzato, nel corso del Bronzo recente, il nuraghe.

Alla luce dei pochi dati noti appare invece più probabile collocare la costruzione dell’edificio megalitico, con fronte rettilinea e camera verosimilmente voltata con una tholos ribassata o con una delle prime a sezione ogivale, nonché l’opera di rifascio (dovuta probabilmente a problemi statici derivati all’edificio dalla scarsa qualità del materiale da costruzione e da alcune ardite soluzioni architettoniche, quali la scala d’andito, la vasta camera, specie se messa in rapporto con la non particolarmente spessa muratura nel settore settentrionale, dotata di nicchie), nel corso del Nur IB,

come pare emergere dall’omogeneo contesto di cultura materiale rinvenuto nello strato inferiore della camera, da collegare con il momento dell’ultima frequentazione del monumento, abbandonato frettolosamente in seguito ad un devastante incendio entro la fine di tale fase.

 

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