Sant’Antiogu – Sant’Antioco: Museo archeologico Ferruccio Barreca

Museo archeologico Ferruccio Barreca, Sant’Antioco

L’allestimento del Museo archeologico Ferruccio Barreca di Sant’Antioco procede secondo un criterio topografico e cronologico suddiviso sulla base delle tre aree maggiormente indagate e, pertanto, attualmente rappresentative dell’antico centro di Sulky: l’abitato, le necropoli e il tofet.

Il criterio prescelto appare in coerenza con quanto emerge dagli studi scientifici di settore, ovvero il rifiuto di suddividere le differenti epoche per compartimenti stagni, evitando giudizi che portano a cesure nette nella lettura storica e archeologica dell’insediamento dove, al contrario, compaiono sempre più frequentemente fasi di transizione graduale, caratterizzate dalla fusione di differenti componenti culturali nel passaggio tra le fasi nuragica, fenicia, punica e romana.

I nuclei topografici principali vengono ripartiti nelle tre diverse sale espositive: la Sala 1 dedicata ai contesti di abitato, la Sala 2 e la Sala 3 ai contesti funerari, rispettivamente delle necropoli degli adulti e del santuario con funzione anche funeraria del tofet. All’interno dei singoli nuclei “topografici” è stato seguito un criterio cronologico, partendo dai rinvenimenti più antichi per arrivare ai più recenti.

La prima e più ampia sala affronta, dunque, tematiche legate al “mondo dei vivi” attraverso i reperti che da una prima presenza dell’uomo sull’isola, riconducibile al Neolitico finale, si concentrano sulla fondazione della città fenicia di Sulky, sulle importanti testimonianze di integrazione della popolazione locale con le genti provenienti dall’Oriente e sui contatti commerciali che caratterizzano i primi secoli di vita del centro. Si affrontano tematiche legate alla vita quotidiana degli abitanti dell’isola, dall’alimentazione all’artigianato, per poi passare ai mutamenti del periodo punico e alle conseguenze legate alla conquista cartaginese della Sardegna, ai luoghi di culto e alla nascita della monumentale Sulci romana, impregnata da un forte sostrato culturale punico, che gradualmente lascia il posto all’integrazione del centro nella struttura statale di Roma.

Attraverso una porta simbolica, protetta dai monumentali leoni in tufo vulcanico, si passa, nella seconda sala, alle tematiche legate al “mondo dei morti”: le esigue attestazioni relative alle necropoli fenicie a incinerazione cedono rapidamente spazio all’esposizione dei corredi punici, in un’ambientazione oscura che rievoca gli spazi sotterranei della necropoli a inumazione di età punica, un monumento di straordinaria importanza archeologica nell’orizzonte mediterraneo. Sarà possibile, inoltre, cogliere le trasformazioni avvenute in età ellenistica con il progressivo diffondersi delle influenze funerarie greche, le quali porteranno, nel corso del III sec. a.C., al mutamento del rituale funerario con il ritorno all’incinerazioni dei defunti. I corredi provenienti dalla necropoli di età romana imperiale completano il quadro complessivo dei costumi funerari dell’epoca e delle differenti tipologie tombali rinvenute a Sulci.

La terza e ultima sala è interamente dedicata a una particolare area sacra e funeraria: il tofet, un luogo sacro a cielo aperto che tanta fama ha riscosso presso il grande pubblico, soprattutto a causa delle connotazioni negative associate al crudele rituale del sacrificio umano. In realtà, le teorie più accreditate, unite alle analisi osteologiche sui resti dei piccoli defunti, hanno rivelato che presso l’area sacra si svolgevano complessi rituali di accompagnamento alla sepoltura di bambini nati morti o deceduti in tenera età. Le deposizioni delle ceneri degli infanti presso l’area del tofet venivano accompagnate da preghiere e rituali articolati, eseguiti attraverso la donazione di offerte in favore delle divinità deputate alla protezione dei fanciulli: Baal Hammon e Tinit. Il cerimoniale proseguiva con la richiesta della benedizione divina in favore di una nuova nascita, se la grazia invocata veniva concessa la deposizione di una stele indicava il ringraziamento dei fedeli alla divinità. I vasi utilizzati come cinerari, gli amuleti, i piccoli corredi di accompagnamento del defunto e le stele permettono al visitatore di cogliere il senso più vero e profondo di questo luogo sacro.

 

Unico reperto pertinente alla civiltà nuragica è costituito dal bronzetto dell’arciere rientrato dopo una lunga permanenza al Cleveland Museum of Art negli Stati Uniti d’America. Le indagini sui traffici illeciti, effettuate dal TPC Carabinieri di Roma, hanno accertato la provenienza del bronzo dal complesso nuragico di Grutt’i Àcua di Sant’Antioco. Nonostante l’intensa densità di nuraghi sull’isola di Sant’Antioco, la mancanza di materiali esposti relativi al periodo nuragico sono da imputare esclusivamente alla mancanza di indagini archeologiche relative a tale ambito culturale. A seguito di verifica presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Cagliari e Oristano, si è infatti potuto constatare che oltre ai bronzetti esposti al Museo Nazionale di Cagliari, gli unici materiali esistenti riportano agli scavi condotti negli anni settanta presso la Tomba dei giganti di Su Niu de su Crobu, i quali consistono prevalentemente in resti ossei e rari frammenti ceramici.

Fonte: Sara Muscoso – Il nuovo allestimento del MAB Museo archeologico Ferruccio Barreca

https://www.academia.edu/12905351/Il_nuovo_allestimento_del_MAB_Museo_archeologico_Ferruccio_Barreca

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