Altzaghèna – Arzachena: tempio nuragico Malchittu

 

 

Tempio nuragico Malchittu, Arzachena

 

Ge.Se.Co Arzachena Surl

3457200094

https://www.gesecoarzachena.it/

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Come arrivare: Da Olbia si prende per Santa Teresa di Gallura e si prosegue fino ad arrivare a circa 600 metri da Arzachena. Si lascia la macchina nel parcheggio dell’Albucciu e si percorre il sentiero naturalistico che conduce sull’altura presso la quale è situato il tempio. Coordinate:  41°4’44″N 9°24’37″E

Il tempietto è una costruzione a pianta subrettangolare con andamento arrotondato, quasi ad abside, della muratura di fondo. Esso è diviso in due parti ben distinte: un atrio ed un corpo principale che racchiude un’unica grande camera.

L’atrio ha pianta irregolarmente quadrangolare e, mentre la spalla muraria alla sinistra di chi entra è quasi perfettamente rettilinea e perpendicolare alla facciata, quella di destra ha un andamento curvilineo, condizionato dalla morfologia del terreno, ed accompagna, senza soluzione di continuità, la curva di tutto l’impianto murario.

Solo la parte terminale di questo muro appare oggi leggermente slittata verso l’interno a causa della pressione esercitata dal crollo del vicino nuraghe, che ha investito il piccolo vestibolo pur senza provocarne la rovina e causando un certo degrado dei soli filari più alti.

In origine le spalle dell’atrio dovevano avere la stessa altezza del corpo principale dell’edificio e pertanto si può ragionevolmente ipotizzare che anch’esso dovesse essere coperto da una struttura lignea a doppio spiovente.

Il lato dell’ingresso doveva essere completamente aperto mentre su quello di fondo spicca la facciata del tempiet o, culminante in alto con un frontoncino che, benché in discrete condizioni, non conserva però l’altezza originaria. Vi si vede l’impiego di elementi di granito di piccole, medie e grandi dimensioni posti in opera per lo più senza essere stati preventivamente sbozzati: solo gli stipiti dell’ingresso mostrano una attenta scelta dei blocchi che sono anche di pezzatura maggiore.

La luce della porta è delimitata in alto da un sottile e lungo architrave sormontato da un ampio finestrino di scarico, anch’esso architravato.

Questo accorgimento costruttivo, presente in quasi tutti gli edifici di età nuragica, ha lo scopo di alleggerire il peso della struttura nel punto di maggiore debolezza, vale a dire in corrispondenza della luce della porta, per evitare il cedimento dell’architrave. Poiché, in questo caso, la muratura non doveva raggiungere una grande altezza, pari forse a non più di un metro al centro della facciata, è da pensare che il finestrino sia stato adottato sia in ottemperanza ad una prassi edilizia cristallizzatasi nel tempo, sia nel timore che la struttura lignea della copertura potesse gravare eccessivamente sul muro, sia perché esso doveva espletare anche la funzione di presa d’aria e di luce quando la porta lignea, che doveva chiudere l’ingresso, fosse stata sbarrata.

Superato l’ingresso si entra in un brevissimo andito formato dallo spessore dei due architravi che delimitano la porta, quello della facciata e quello dell’interno. Poco sotto gli architravi, nelle spalle del muro, vi sono due nicchiette rettangolari simili a quelle viste nell’Albucciu, per la chiusura della porta lignea. Atrio e corridoio d’ingresso sono lastricati con blocchi di granito bene accostati; solo nell’angolo sinistro dell’atrio, tra la facciata e la spalla sinistra, la roccia naturale affiora per una certa altezza. Non è chiaro se essa sia stata risparmiata intenzionalmente per costituire come una sorta di bancone, previo adattamento delle irregolaritàdella pietra con ciottoli e malta di fango.

La grande camera, che occupa i due terzi dell’ampiezza dell’edificio, ha pianta subrettangolare con gli angoli arrotondati, più accuratamente quelli della parete di fondo, ove tutto l’andamento murario tende verso la linea curva. Essa non presenta vani sussidiari e si allunga sullo stesso asse dell’ingresso. Un bancone piuttosto alto è appoggiato al muro del fondo, rettificandone la concavità, edificato forse per accogliere exvoto o il simbolo del culto. Non a caso, infatti, è in prossimità di esso che si rinvenne il maggior numero di elementi ceramici anche interi, purtroppo completamente triturati dal groviglio delle radici di un grosso leccio cresciuto alla base del bancone stesso. Lungo il lato destro della camera, due gradini occupano la parte centrale del vano, ove forse doveva essere un sedile per l’officiante mentre

le persone ammese a presenziare alle operazioni di culto dovevano trovare posto ai lati, lungo un basso gradino. Un alto gradino si trova, in prossimità del bancone, sul lato opposto. Decentrato rispetto al centro dello spazio riservato all’officiante, davanti ad esso, è un focolare circolare formato da una serie di lastrine bene accostate tra loro e legate da malta di fango.

Quattro nicchiette, due sul lato sinistro e due su quello destro, scandiscono le pareti della camera e due di queste sono simmetricamente disposte ai lati del bancone, forse per accogliere gli arredi del culto. Inoltre nell’angolo formato tra la parete anteriore e quella destra si apre una lunga feritoia, forse a controllare la salita verso il tempietto o forse quale presa d’aria e, limitatamente, di luce. Sul lato sinistro, una serie di pietre di medie dimensioni è disposta a segmento di cerchio ma non appartengono al primo impianto dell’edificio. Esse furono sistemate in un secondo momento, quando i gradini ed il focolare erano già coperti dall’interramento. Questa situazione ha consentito di individuare due distinti momenti di vita del tempio, uno più antico certamente legato al culto; uno più recente denunciante una frequentazione civile e sporadica dell’edificio.

La copertura del vano, come quella dell’atrio, era a doppio spiovente con una trave di colmo che doveva poggiare al centro dei due frontoncini, quello della facciata e quello del fondo, al quale s’appoggiavano, trasversalmente, i travetti che sostenevano le frasche. Il pavimentopiù antico è formato da un acciottolato assai regolare, quello più recente da un battuto d’argilla.

Lo stato di conservazione dell’ed ficio è quasi integrale, cosa che neaumenta l’interesse e che consente a chi lo osserva di interpretare agevolmente l’aspetto originario. È questo un monumento unico nel suo genere e solo parziali confronti sono istituibili con altri monumenti rettangolari nuragici, i così detti tempietti “a megaron” di Serra Orrios di Dorgali, di Domu de Orgia di Esterzili e di Sos Nurattolos di Alà dei Sardi, solo per citare i più noti.

L’indagine archeologica ha interessato, di tutti i monumenti del complesso nuragico, il solo tempietto, quel monumento che, per originalità e stato di conservazione, meglio si prestava ad offrire dati scientifici di interesse. Essa ha messo in evidenza, all’interno della camera, due strati archeologici ben distinti e separati tra loro da uno strato sterile (il battuto pavimentale) indice di una parziale ristrutturazione dell’edificio.

Il tempietto non dovette avere un lasso di tempo di vita molto lungo come è dimostrato dall’esigua altezza degli strati, e la sua utilizzazione dovette venire interrotta per abbandono del sito più che per eventi disastrosi; non si osservarono, infatti, durante gli scavi, tracce d’incendio o di devastazione; inoltre totalmente assenti risultarono essere i manufatti di bronzo, forse asportati al momento dell’abbandono del sito. La ceramica rinvenuta sia nel primo che nel terzo strato (il secondo come si è detto, era sterile) mostra caratteristiche comuni ed è costituita per la maggior parte, da bassi tegami, spesso con orlo ribattuto all’esterno, da ciotole carenate e da vasi biconici decorati da costolature verticali di varia lunghezza che partono dall’orlo. Nel complesso essa presenta

caratteri di affinità con altra rinvenuta nel nuraghe Chessedu di Uri, nel villaggio di Sa Turricula di Muros, nella sepoltura ipogeica di Oridda di Sennori in provincia di Sassari e nella tomba di giganti di Monte de s’Ape di Olbia. Tutti questi elementi concorrono a fissarne la cronologia a tempi del Bronzo Medio non troppo inoltrato, nella stagione che conobbe l’affermarsi via via sempre più prepotente del fenomeno del megalitismo nuragico.

Planimetria MalchittuTesto e illustrazione tratto da “il Nuraghe Albucciu e i monumenti di Arzachena”, di Angela Antona Ruju – Maria Luisa Ferrarese Ceruti

 

 

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